Conteniamo moltitudini: perché vediamo in bianco e nero?

Diceva Whitman: «Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini». Nella mia testa (Freud potrebbe dire molto di questa mia sostituzione) nella frase del poeta non c’è la parola “grande”, ma c’è “umano”. L’essere umano contiene moltitudini, si contraddice, non è tutto bianco o tutto nero.
La complessità, a differenza di ciò che è complicato, non può essere spiegata, ma solo accolta, accettata, osservata con uno sguardo che non sia inquisitorio e non censuri una parte solo perché

si discosta dall’idea di ciò che vorremmo essere, o da ciò che la società ci richiede.
Perché mi viene in mente proprio questo? Perché nei giorni scorsi ho letto tante opinioni, tanti commenti sui social network, tante riflessioni sulla libertà d’espressione. Che dovrebbe essere uguale per tutti. E sembriamo d’accordo su questo: chiunque in questi giorni abbia parlato di libertà di parola e pensiero l’ha fatto per ribadire che è un diritto. Eppure leggo certi toni come perentori ed assoluti, come urlati contro l’altro, in uno scambio in cui anche l’idea “migliore” diventa violenza, perché impedisce l’espressione dell’altro.
Quasi in automatico, quando affermiamo la nostra idea e l’altro non è d’accordo, tendiamo a dire che “con quello non si può parlare” o, generalizzando, che “con quelli come lui, appartenenti al suo gruppo ideologico o religioso non vale la pena sprecare parole”.
Escludiamo così l’altro e la possibilità di scoprire che pensa e sente qualcosa, nonostante (o forse grazie) la sua adesione a un determinato sistema di credenze. Quasi avessimo bisogno di incasellare noi stessi e gli altri dentro una definizione, con un colore netto, senza sfumature. Perché, se siamo in grado di contenere moltitudini, poi vogliamo vedere il mondo in bianco e nero? Per difenderci, perché il mondo ci appare minaccioso, e probabilmente sentiamo che a minacciare la nostra identità e l’idea di noi basta un’idea che stona con gli altri colori che ci compongono e temiamo la confusione.
Ma complessità non è confusione, è grandezza. Siamo pieni di sfumature, e a queste dobbiamo attingere per incontrare l’altro senza paura. E se ci vengono toni duri, se sentiamo il bisogno di vedere bianco e nero, chiediamoci di cosa abbiamo paura. Perché è la paura, e non la perfezione di un’ideologia, che ci rende così rigidi e ci mette “contro” e non “con”.

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