Dire le verità scomode?

Le verità scomode. Quelle, per intenderci, che pensiamo di conoscere solo noi e non i diretti interessati. Dal marito dell’amica che la tradisce, alla realtà circa le condizioni di salute di una persona che assistiamo e che, pur avendo letto le cartelle cliniche, non vuole vedere la sua malattia per quel che è; alle storie di vita di genitori che sembrano perfetti agli occhi dei figli, ma tanto perfetti non lo sono, ai comportamenti di ragazzi che sfuggono totalmente agli occhi di chi li ha messi al mondo. Io so una cosa che tu non sai. O non vuoi sapere. O non vuoi vedere. E te la dico.

Si dice sempre che non è una buona idea mettere il dito tra moglie e marito, e in questo detto popolare c’è una verità profonda, che riassume bene quanto ora scriverò circa le verità scomode. Intanto, la realtà è scomoda, spessissimo difficile, molte volte la vediamo ma non riusciamo a rapportarci ad essa per quella che ci appare una crudezza insostenibile e fuggiamo col pensiero verso mondi paralleli. Non è sempre vero che non la vediamo,

molte volte ci difendiamo perché, pur avendola in mente, non sentiamo le forze sufficienti per affrontarla. O perché in cuor nostro l’accettiamo com’è, ma vorremmo evitare che gli altri vedessero che a noi va bene davvero così. O anche perché scegliamo di affrontarla a modo nostro, facendo passi diversi da quelli che il mondo si aspetterebbe da noi. Penso alle donne maltrattate e a quanto neghino i lividi, le botte, le umiliazioni. Se glieli si fa notare, se lo si fa nel modo sbagliato, si ritirano, scappano, non si sentono comprese, non parlano più. Perché si, la realtà è quella. Ma c’è anche una verità altra, fatta d’amore, di legame, di paura e incapacità di togliersi da una situazione che sfugge di mano.

Io non credo agli scossoni, alle docce fredde. O meglio: sì, ma con i dovuti modi e soprattutto quando siamo certi che quello che stiamo dicendo può davvero servire all’altro, e non a togliere noi dall’imbarazzo di custodire un segreto, o dall’arroganza di credere che così quella persona starà finalmente bene (e noi, diciamolo, ci sentiremo uomini e donne migliori per questo).

Non si tratta di mentire, ma di dire «per me è così», che è diverso dal dire «la verità è questa, svegliati». A meno di non voler perdere per sempre qualcuno, per non aver parlato con lui della sua complessa verità, e non solo della nostra “giusta” realtà.

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