Cosa fa sì che sentiamo che qualcuno si sta effettivamente prendendo cura di noi? Come possiamo sentirci in uno stato di benessere nonostante una malattia che non è ancora stata guarita?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come uno stato di benessere fisico, sociale e psicologico e non come mera assenza di malattia.
Questo sposta la prospettiva da una dimensione di guarigione e di etichetta diagnostica verso una visione dell’uomo nella sua globalità,
dove un insieme di fattori interagenti contribuiscono a definire il benessere personale, al di là di una malattia fisica, o psichica, o ancora al di là di condizioni familiari o economiche altamente disagiate. Se Giovanni si rompe una gamba e il gesso gli impedisce di lavorare, questo porterà a una riduzione sia del funzionamento dell’ area fisica, sia di quella sociale e psicologica.
Marco potrebbe essersi rotto la stessa gamba, e la guarigione potrebbe implicare gli stessi tempi e le stesse sofferenze di quella di Giovanni, ma se Marco non rischia di perdere il lavoro e qualcuno può farsi carico di portargli la spesa e pulirgli casa probabilmente percepirà uno stato di benessere maggiore.
A parità di malattia, l’impatto sulla persona sarà differente ed è proprio qui che, a mio avviso, entra in gioco un prendersi cura che non è guarire ma farsi carico del paziente nella sua globalità, portando l’attenzione non solo al gesso ma a vari aspetti di gestione della persona, in modo da potenziare le aree carenti e individuare le risorse di quelle non colpite dal limite. Credo che, ad oggi, le parole chiave della benessere e della cura siano globalità, multidimensionalità, visione olistica dell’essere umano.
Per andare oltre un “come stai” che si preoccupa solo della temperatura corporea, o dello stato d’ umore o del denaro e della situazione lavorativa.
Questo atteggiamento restituisce all’Altro la sensazione di essere visto, compreso e considerato come Persona e non come Malato. Come diceva un mio docente dell’Università: «Lavoravo con i pazzi, nei manicomi. Ho iniziato a prendermi cura di loro fornendo carta igienica nei bagni, perché la Persona viene prima della malattia».