I nonni soli nelle “Residenze”

Un tempo si moriva in casa. Era normale, il ciclo della vita si svolgeva principalmente tra le mura domestiche. Chi, malato terminale, si trovava ricoverato in ospedale, chiedeva di essere riportato a casa, per chiudere gli occhi nel letto di sempre, usato anche in salute, per morire circondato dai suoi oggetti e dai suoi cari. Oggi sembra quasi che di morte non si possa più parlare, perché fa impressione, perché è maglio tenerla lontana. Penso agli anziani ricoverati nelle Residenze per Anziani, il nuovo nome delle Case di Riposo, conosciute ancora da tutti i nostri “vecchi” come Ospizi. Sanno che lì finiranno i loro giorni. Non serve a nulla dire loro che sarà una sistemazione temporanea, anche se sono affetti da una malattia degenerativa che compromette memoria e capacità cognitive, una parte di loro sa perfettamente che quella non è una residenza provvisoria, ma definitiva.

Lo sanno, e ce lo dicono, quando incessantemente chiedono quando potranno tornare a casa, quando piangono in un angolo, quando si lasciano morire e non si nutrono né si curano più. Certo, a onor del vero, ci sono ancora casi di ripresa e quasi rinascita in Rsa, esistono persone che scelgono di trasferirsi lì. Ho lavorato per anni in Rsa, e da qualche anno mi occupo di formazione per Asa, Oss, fisioterapisti, animatori ed infermieri che quotidianamente assistono i nostri anziani. Rispetto ed ammiro queste persone, che più di chiunque altro conoscono la realtà di un paese che invecchia e che deve, per forza di cose, trovare strutture adeguate a un’ età sempre più avanzata e purtoppo sempre più malata.

In estate i nostri nonni si ammalano di più, si perdono di più, necessitano di maggiori attenzioni, e se in casa davvero non è possibile assisterli può darsi che questi siano i mesi in cui si matura la scelta di portarli in residenza. Accompagnamoli, osserviamo tutto, scegliamo bene il luogo, il clima, l’ ambiente. Non mentiamo loro dicendo che a breve torneranno a casa, ma rassicuriamoli sul fatto che lì riceveranno assistenza continua ed adeguata e che non li lasceremo soli, ci saremo fino alla fine. Perché non è la morte che va evitata e oscurata, ma l’ abbandono di chi nel ciclo della vita è arrivato al confine con essa.

Dott.ssa Paola Pugina

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Paola Pugina

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