Scegliete ciò che è buono per voi. E fatelo con trasparenza

Talvolta le nostre scelte provocano reazioni di dolore in chi ci sta accanto. Non siamo isole sperdute in diversi mari, ma isole dello stesso arcipelago, nello stesso oceano, collegate spesso da ponti. Si sente tanto parlare di sano egoismo, io a questa definizione preferisco quella di “scegliere ciò che è realmente buono per sé”.

E già questo punto di partenza non è ci pone affatto in una situazione semplice.

Spesso fatichiamo a comprendere cosa realmente sia giusto per noi, e non perché siamo stupidi e incapaci di guardarci dentro, ma perché di fronte a certe situazioni viviamo in pieno l’ esperienza dell’ ambivalenza, quel “vorrei non vorrei” che spesso si traduce in parole che non corrispondono ai fatti e confondono noi e gli altri. Quando cogliamo la nostra ambivalenza e la accettiamo, siamo già a buon punto di solito, sappiamo che qualcosa ci frena dal prendere questa o quella strada, e possiamo davvero valutare al meglio e con trasparenza da quale parte iniziare. Guardiamo anche l’isola a cui siamo legati per prendere le nostre decisioni e talvolta è questo a frenare il nostro movimento, anche se realmente sappiamo cosa sia buono o meno per noi, cosa sia giusto per i nostri pensieri e d’ accordo col nostro sentire.

Perché solo in questa armonia possiamo agire senza confusioni.

Ma se non riusciamo a vedere il ponte e ci sentiamo tuttuno con l’ altro, inevitabilmente nel nostro sentire percepiremo anche qualcosa che a noi non appartiene, e questo renderà ancor più dura la nostra decisione.

Non parlo di empatia, ma di dipendenza e simbiosi. Capire e sentire l’ altro è importante, confonderci con lui è invece estremamente faticoso e doloroso. Talvolta si arriva al punto di dire che scegliamo noi per il bene altrui, e spesso questo giustifica azioni che di altruistico hanno ben poco.

Se davvero capiamo che la nostra scelta provoca l’alta marea sulle sponde dell’ isola accanto, non possiamo frenarci solo per questo, ma possiamo trovare il modo di preparare le spiagge, di comunicare in modo trasparente, comprendendo ed ascoltando l’altro (può esser doloroso anche per noi, ma se siamo in uno stato di armonia interiore, non sarà questo l’ascolto a trasferire lo tsunami da noi).

Se sappiamo di arrecare un danno, possiamo prendercene la responsabilità, che non significa salvare l’ altra isola o trasferirici li, ma prestare soccorso con la nostra autentica presenza.

Dott.ssa Paola Pugina

www.psicoterapeuta-pugina.it