“Caro Renzo, la tua candidatura in realtà non mi convince”

VARESE È bastata una lettera per far esplodere le reazioni dei varesini. Si tratta di quella sulla candidatura di Renzo Bossi mandata dal leghista Marco Pinti, 24 anni, da tempo impegnato con il Movimento Giovani Padani ed eletto consigliere provinciale in quota Lega nel 2008. D’altra parte quando l’argomento è delicato e il momento concitato, come lo sono la candidatura del figlio del Senatur e la campagna elettorale per le regionali di fine marzo, il contraccolpo nel sentir comune è

cosa inevitabile. I vertici varesini, da parte loro, non commentano né la lettera né il tema che l’ha ispirata. Ma non è un mistero che la famigerata candidatura sia stata mal digerita da tutte le parti e che la faccenda abbia destato evidente imbarazzo tra le fila di militanti e simpatizzanti.
Lo stesso Pinti non ha altro da aggiungere a quanto già espresso con tatto e ironia nel messaggio aperto indirizzato a Renzino, se non che si tratta di «un’iniziativa personale» e dunque non riconducibile alla posizione ufficiale del partito che rappresenta in Provincia. «Adesso che sei stato candidato in Regione – scrive Pinti – in molti storcono il naso e, te lo dico sinceramente, anche a me la tua candidatura non convince». Ma la politica non c’entra, assicura. «Personalmente non sono tanto contrario alla tua candidatura in sé, quanto alla tua candidatura per te, perché credo che la nostra età non sia fatta per intrupparsi al mondo con la rigidità dei soldatini di stagno, piuttosto è meglio nuotare un po’ controcorrente». Purché, ricorda Pinti, lo sguardo sia sempre fisso su alcuni punti fermi, quelli fondanti del movimento leghista. Ed è questa la ragione per cui il nome del giovane Bossi infilato nel listino di Brescia, pur avendo provocato più di un bruciore di stomaco, secondo Pinti non desta scandalo: «Non sono importanti le persone, che passano, ma le idee che camminano sulle loro gambe e che restano». La fiducia, per il giovane consigliere, è il motivo per cui si va avanti senza clamore, e per l’esattezza quella «che tuo padre si è guadagnato verso il suo popolo di militanti ed elettori in questi anni di lotta e sacrifici personali».
«Io dico che in politica ancora più importante delle capacità, che si possono acquisire sul campo, è la fiducia, merce rarissima. Su questo ha ragione Pinti». Marco Bordonaro, anche lui giovane padano nel direttivo cittadino del Carroccio, non ha urlato allo scandalo una volta sentito della candidatura. «Partiamo dal presupposto che nella Lega non ci si candida ma si viene candidati», ricorda, e «questo succede perché le persone chiave devono godere della piena fiducia del leader. È normale che Bossi si fidi di suo figlio». E gli elettori? «Se Bossi dice una cosa ci si fida. Ma questa è una delle ragioni per cui gli altri partiti si frammentano e noi pur con tutte le divergenze restiamo compatti sugli ideali di battaglia».
Francesca Manfredi

e.marletta

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