Mangiavano il territorio E si arricchivano

LONATE POZZOLO Cavatura abusiva di sabbia e ghiaia oltre al riciclaggio abusivo di rifiuti, in qualche caso pericolosi: questi i capi di imputazione mossi ai sei indagati che, in una vasta operazione di tutela ambientale del territorio, hanno portato i pubblici ministeri di Busto Roberto Pirro e Luca Gaglio a chiedere e ottenere dal gip Nicoletta Guerriero il sequestro preventivo di due siti di cava a Lonate.
Nel mirino la società «Cave del Ticino spa»

grande madre di altre società che, come scatole cinesi, hanno portato i sei indagati, stando alle accuse, a incassare milioni di euro illecitamente, cavando dove non dovevano e inquinando il territorio. Oltre che a partecipare alla realizzazione di opere pubbliche, quali la Boffalora Malpensa, facendo fruttare gli illeciti commessi.
Le contestazioni sono pesanti: gli indagati sono accusati di aver cavato dove non dovevano. In sintesi il sito lonatese, che si estende dalla località Sant’Anna sino al limitare della superstrada per Malpensa, rientra nel piano cave soltanto per una porzione: gli indagati avrebbero dragato, sino alla falda acquifera, all’esterno delle concessioni. Non soltanto: oltre ad aver valicato i confini dei permessi concessi da Provincia e Regione, gli stessi non avrebbero badato alle quantità.
In sintesi se le concessioni parlavano di 11 mila metri cubi di materiale cavabile, gli indagati alla guida delle società incaricate del lavoro avrebbero prelevato dal terreno circa 185 mila tonnellate di materiale: non il doppio, non il triplo, ma addirittura la base decuplicata dei permessi concessi.
Uno sfregio pesantissimo per il territorio, aggravato dal fatto di dragare in un’area, quella del Parco del Ticino, protetta da ogni legge.
Il primo capo di imputazione vede i denunciati a piede libero prelevare terreno in zone proibite e in quantità vietate. Ma non è tutto: costretti a “riempire” le voragini praticate, sino alla falda acquifera che alimenta i Comuni, è bene ricordarlo, i sei alla guida delle società interessate dall’indagine avrebbero coperto il tutto con dei rifiuti. Rifiuti che, in alcuni casi, sono stati bollati come pericolosi per la salute pubblica perché “arricchiti” con nichel e idrocarburi.
Le persone finite nel mirino della magistratura, secondo i pm, ci guadagnavano tre volte: cavando dove non dovevano, cavando e vendendo in nero quanto non potevano e ricoprendo i buchi con materiale di scarto. Partecipando poi alla realizzazione di una grande opera pubblica quale la Boffalora Malpensa e vincendo, con criteri oggi in discussione, gli appalti del caso. Il tutto lasciandosi debiti alle spalle: negli ultimi dieci anni, parco del Ticino e Comune di Lonate hanno rilevato infrazioni a carico dei vertici della società per un ammontare di 15 milioni di euro. Multa mai pagata.
Non è tutto: sempre l’amministrazione comunale lonatese ha denunciato l’illecita realizzazione di una strada di cantiere, quantificando la sanzione in un milione e mezzo di euro. Multa anche in questo caso non ancora saldata.
«Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere – spiega il sindaco Pierluigi Gelosa – Lo sfruttamento del territorio deve avvenire in modo legittimo. Noi non abbiamo fatto altro che rilevare un illecito garantendo la legalità del vivere dei nostri cittadini». Così il numero uno di Palazzo, politico e amministratore che con le cave ha sempre convissuto: Lonate è infatti una della zona più “scavate” del Varesotto.
Per ora, fine delle trasmissioni. Ma l’inchiesta potrebbe riservare altri grossi colpi di scena. Del resto il giro di soldi ipotizzato dalla procura bustese è davvero gigantesco.

s.bartolini

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