C’è un caso di malaria al giorno A Varese allarme malattie infettive

VARESE Al rientro delle vacanze a Varese si moltiplicano i malati di malaria: un nuovo caso ogni giorno è la media senza precedenti raggiunta nelle ultime due settimane dal reparto infettivi dell’ospedale di Circolo, dove si è appena registrato anche un rarissimo caso di sindrome di Dengue, detta anche “febbre spacca ossa”.
Si tratta di un’altra malattia esotica, virale, tipicamente tropicale, che in comune con la malaria ha il vettore di trasmissione: la zanzara tigre. Al contrario della malaria però

la sindrome di Dengue è decisamente più rara, tanto che solo due anni fa, nel 2009, in Italia, se ne sono contati in tutto nove casi.
Talmente rara che i medici varesini, per confermare la diagnosi, hanno dovuto mandare i campioni prelevati dal malcapitato paziente sino al laboratorio Spalanzani di Roma, l’unico in Italia attrezzato per isolare questo particolarissimo virus.
«Il responso è arrivato venerdì, quando ormai il paziente era pronto alle dimissioni, ma ha confermato i nostri sospetti – racconta il primario del reparto infettivi del Circolo Paolo Grossi – si trattava proprio della sindrome di Dengue». I sintomi sono gli stessi di una brutta influenza, con febbre molto alta e forti dolori articolari (da cui il soprannome di febbre spacca ossa), che può portare il paziente a emorragie interne e quindi alla morte.
Protagonista di questa disavventura un giovane varesino, trentenne, di ritorno dalla Thailandia, che per fortuna se l’è cavata con pochi giorni di ricovero in ospedale e una terapia sintomatica a base di antipiretici e reintegrazione dei liquidi. «Il guaio è che per questa malattia non esistono né vaccino né cura – spiega il primario – per questo l’unica cosa che possiamo fare una volta contratto il virus è curare i sintomi e sperare nella buona risposta del sistema immunitario dell’ammalato».
Discorso diverso merita invece la malaria, per cui esiste una profilassi da seguire per limitare al minimo la possibilità di contrarre il virus e soprattutto la possibilità di sviluppare complicazioni. «Eppure sono tante le persone che tornano dalle ferie con la malaria – è costretto ad ammettere Grossi – Di solito non si tratta di turisti incoscienti ma di stranieri residenti da tempo nelle nostre zone».
Si tratta soprattutto di persone originarie delle zone tropicali dell’Africa (due i pazienti africani con malaria ricoverati in questo momento al Circolo), ma anche dell’America latina e dell’Asia, vittime di viaggi o visite fugaci al paese di origine.
Può sembrare un paradosso ma funziona così: «Le persone che nascono e crescono in questi climi tropicali sviluppano una specie di premunizione, una sorta di semi immunità al virus della malaria dovuta alle continue punture di insetto che sollecitano costantemente le loro difese immunitarie – spiega il professore – Vivendo qui perdono questa proprietà e quindi quando tornano al paese di origine sono esposti come noi europei al rischio di contrarre il virus».
Per fortuna la maggior parte dei casi di malaria si risolve semplicemente, senza ricovero, con una assunzione di farmaci, ma un nuovo caso ogni giorno è davvero troppo.
Lidia Romeo

s.bartolini

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