Tradate, la sfida di Candiani «Svizzeri con un referendum»

TRADATE «Facciamo un referendum sull’annessione dell’Insubria al Canton Ticino». Quando si tratta di lanciare provocazioni il sindaco di Tradate Stefano Candiani (Lega Nord) non si tira mai indietro: anche questa volta non ha voluto essere da meno, accodandosi alla polemica innescata dalle parole di apprezzamento che il sindaco di Morazzone, Matteo Bianchi, ha rivolto al leader della Lega dei Ticinesi Giuliano Bignasca.

La scorsa settimana il “nano” aveva avanzato l’ipotesi di annettere l’alta Lombardia al Canton Ticino, dicendosi sicuro che l’80% della popolazione sarebbe d’accordo. Il borgomastro leghista di Morazzone ha appoggiato Bignasca su tutta la linea, argomentando la propria posizione con gli «innumerevoli vantaggi fiscali» che una simile scelta comporterebbe. A stretto giro di posta sono arrivate le reazioni alle dichiarazioni di Bianchi da parte dell’ex primo cittadino di Morazzone, Giancarlo Cremona (oggi sui banchi dell’opposizione), che ha addirittura invocato l’intervento del presidente della Repubblica e del prefetto di Varese, chiedendo loro di esautorare il sindaco esterofilo. A dargli manforte Alessio Nicoletti, consigliere comunale varesino, che ha bollato come «incostituzionali» le parole di Bianchi.

Di fronte alle bocciature di alcuni politici c’è stata la levata di scudi da parte dei sindaci del Carroccio. Prima è stato Enrico Baroffio di Vedano Olona a scendere in campo al fianco di Bianchi, ieri è stata invece la volta di Candiani, che da Tradate ha fatto sapere la sua: «È assurdo che a una richiesta democratica, per quanto discutibile, debba essere contrapposta non una normale considerazione politica, ma una richiesta da codice Rocco. Ormai mancano solo la fucilazione e l’esilio. Il tema è politico e politico deve restare. Rimanendo su una linea democratica e seria, io dico che ci si dovrebbe confrontare apertamente. Se fossimo veramente in un Paese democratico dovremmo chiedere ai cittadini cosa ne pensano. Salvo che qualcuno non abbia paura della libera espressione del popolo».

Insomma, secondo Candiani sarebbe opportuno verificare la volontà popolare: «Oggi paghiamo fior di tasse, ma la gran parte della gente non avverte un ritorno reale. A pochi chilometri c’è l’esempio di Paese che sa valorizzare i soldi dei contribuenti, con buoni servizi e infrastrutture all’altezza. Culturalmente e civicamente ci sentiamo più vicini a Bellinzona che a Roma. Abbiamo le stesse radici».

E poi conclude: «Forse ancora una volta la gente sta andando oltre la politica, anticipando sentimenti che verranno metabolizzati solo tra diversi anni. E in tutto questo qualcuno confonde la rivolta con la rivoluzione. Bisogna rendersi conto che ormai siamo vicini alla rivoluzione. Non immagino la ghigliottina dei francesi o i fucili delle valli bergamasche, ma la condizione economica e sociale è esplosiva. È auspicabile una rivoluzione democratica, capace di salvare questo territorio ricco, andando ben al di là del confine geopolitico scritto sulle carte. La verità e che chi non ammette discussioni su questo tema vuole solo una cosa: i soldi che i cittadini guadagnano con fatica e i privilegi della casta».

s.affolti

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