Varese vuole il bimbo beato Ma per la Sicilia è già «santo»

VARESE «Le lettere di grazia ricevuta provengono principalmente dalla Sicilia a parlano di fatti inspiegabili e miracolosi, tra cui guarigioni da malformazioni e risoluzioni di complicate questioni di famiglia».
Lo svela don Angelo Corno, l’arciprete del Sacro Monte che sta collezionando testimonianze di miracoli per riaprire la causa di beatificazione di Domenichino Zamberletti. Bambino che morì in odor di santità il 29 maggio 1950, all’età di 13 anni. La causa di beatificazione partì subito,

ma furono i genitori a chiedere al cardinale di Milano Giovanni Colombo di fermare l’iter temendo di dover rinunciare a ogni cosa appartenuta al figlio e anche al suo corpo, che avrebbe potuto essere riesumato per diventare reliquia.
«La devozione popolare è molto forte, da qui la mia idea di riaprire il processo di beatificazione – continua don Corno – Ad Acireale, c’è infatti un villaggio del fanciullo dedicato proprio a Domenichino». Inoltre, sulla sua tomba al cimitero del Sacro Monte, vengono portati sempre nuovi fiori e giocattoli.
Tra gli aspetti più singolari della vita del bambino c’è la malattia di cui morì. Una rara forma di leucemia che si acuiva ogni venerdì. «Come se nella sua sofferenza ci fosse un legame con la passione del Signore – scrive Michele Aramini, autore di un opuscolo dedicato a Domenichino – Carico di sofferenze fu il venerdì santo del 1950, l’ultimo della sua vita. Le sue sofferenze furono così forti quel giorno da indurre il papà a sperare che morisse. Alle tre del pomeriggio il respiro e il battito del cuore diventò impercettibile e il ragazzo rimase quasi come morto fino alla mattina di Pasqua, quando riprese conoscenza negando il parallelo tra la sua passione e quella di Cristo».
Nella raccolta di testimonianze compare anche Giuseppe Zamberletti, il papà della moderna protezione civile. Giovinetto, convalescente di appendicite, Giuseppe scherzava con il fratello minore Domenichino. I due commentavano il Giro di Italia e Domenichino rideva nonostante l’affanno della malattia che da lì a poco lo porterà a ricevere l’estrema unzione.
Nella vita del bambino ha un ruolo anche la statua del Mosé. Un giorno il piccolo, che da grande voleva fare il sacerdote, per avere certezza della propria vocazione mise tre bigliettini nella fontana del Mosè. Su uno c’era scritto «sacerdozio», sull’altro «missionario», sul terzo «camilliano». I tre biglietti scomparvero, un presagio della morte prematura che lo aspettava.

s.bartolini

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