Botta gela Varese: «La piazza fallirà»

L’archistar svizzero, ieri in città per l’allestimento dell’opera di Tomaino in viale Europa, è tranchant. «Ex caserma brutta e senza senso, farà male al comparto. Il concorso? Se c’è quella roba, non ci sono»

– «La ex caserma Garibaldi è molto brutta, invadente e senza senso. Io non la vorrei più vedere, invece tenerla lì sarà un bagno di sangue. Praticamente bisognerà ricostruirla tutta, per averla tal quale. Questo farà fallire tutta la piazza».
Durissimo , architetto svizzero di fama internazionale, sul progetto di riqualificazione di piazza Repubblica. A quanto pare, per lui, il masterplan, così com’è stato formalizzato, non arricchirà la città.
Guai a dire che non si può

abbattere l’edificio perché così ha deciso la Soprintendenza delle belle arti. «È stato sbagliato inserire la caserma tra le opere monumentali. Una volta non lo era» ribatte Botta.
Ed è proprio il vincolo di mantenere la ex caserma che non farà partecipare Botta – l’archistar del museo d’arte moderna di San Francisco per citare uno dei suoi progetti più famosi – al concorso di idee per piazza Repubblica.
Questo malgrado Botta abbia studiato la zona parecchie volte e portato su quella l’attenzione degli studenti della facoltà di architettura di Mendrisio.

«Se mi dovesse arrivare l’invito per partecipare al concorso, risponderei con un biglietto con scritto “grazie, ma se c’è quella roba lì io non ci sono”». E ancora: «Vi sembra eccessivo? Ma non sapete quanto costa tenerla su?».
La presa di posizione di Botta si inserisce in un discorso più vasto sulla riqualificazione dello spazio. Dove l’architettura è intesa come un «anticorpo» per contrastare l’appiattimento del quotidiano.
Secondo l’architetto, l’arte può far rinascere la città anche attraverso piccoli interventi pensati e chiesti dal basso. Proprio come la scultura di installata sulla rotonda di viale Europa, voluta dall’associazione Parentesi: «Tomaino è sorprendente – ha detto Botta – la sua arte è facilmente guardabile, ma profonda. Questo perché è un’arte minimalista e primaria. La nostra città ha bisogno di altre sue mani, ma anche di suoi piedi, di sui cavalli, etc».
Alla domanda: Tomaino ha dato una sua scultura a Varese, lei può darci un’idea per migliorare la nostra città?, Botta risponde: «Non devono essere gli architetti a dare le idee. Bisogna invece lasciare spazio alle cose che arrivano dal basso per ottenere risultati. Proprio come la scultura “Sono qui” che ha solo un difetto: doveva essere più grande per essere apprezzata ancora di più».
Fino alla valutazione: «A Villa Panza c’è una mostra fotografica, dove il regista e fotografo illustra il peggio dell’America, raffigurando solitudine, drammi e violenza. Ma la città europea è densa di valori. Non è un semplice paesaggio, ma parte di noi stessi. Attuiamo una forma di resistenza e lasciamo un segno dei nostri tempi».

Dall’arte, l’architetto è passato all’attualità. Lui conosceva due fumettisti di Charlie Hebdo: Reiser scomparso negli anni ottanta per un brutto male, e Wolinsky. Ma è critico verso la satira: «Oggi ci vuole resistenza anche alla cultura di ridere di tutto».
Fino ad arrivare a una personale valutazione: «La mia generazione ha la consapevolezza di essere perdente, perché vive un mondo che va al contrario di quello che aveva desiderato. La nostra è una generazione che si è illusa di creare, ma che poi è rimasta con in mano un pugno di mosche».
L’architetto ha fatto anche un po’ di amarcord confidando ai varesini un suo personale ricordo: «Venivo spesso a Varese quando ero bambino, perché da Genestrerio si usava venire qui per fare shopping. Ricordo che proprio a Varese ho comprato il mio primo vestito elegante. Avevo tra i 14 e i 15 anni».
«Quel vestito aveva un crine di cavallo che mi pungeva tutte le volte che lo indossavo. Posso dire che Varese mi ha svezzato, perché quel vestito ha segnato il passaggio dall’adolescenza alla gioventù».