Camicie verdi risarcite dal ministero

Dopo quasi vent’anni di processo e l’assoluzione dell’anno scorso, i leghisti ottengono 7.360 euro a testa

Camicie verdi tutte assolte e adesso arriva anche il risarcimento per l’ingiustificata durata del procedimento a carico dei 31 imputati.

«Quasi 20 anni – commentano i difensori e – precisamente i nostri assistiti sono rimasti in sede di udienza preliminare per 19 anni e sei mesi. Vent’anni per un processo che non avrebbe mai nemmeno dovuto essere celebrato perché non sussisteva alcun reato». Il dato incredibile è che parliamo di primo grado. Una ventina di imputati, dopo l’assoluzione arrivata a maggio 2016 e il rigetto del ricorso da parte della procura di Brescia in Cassazione a settembre,

ha chiesto i danni al ministero della Giustizia. Ottenendo un risarcimento pari a 7.360 euro ciascuno per l’ingiustificata durata del procedimento. «Siamo soddisfatti – dice Fontana – di aver ricevuto un seppur insufficiente riconoscimento per l’ingiustizia subita». In passato, tra le “camicie” sotto accusa c’erano anche i big del Carroccio: Umberto Bossi, Roberto Maroni, Francesco Speroni, Roberto Calderoli, Mario Borghezio, Giancarlo Pagliarini e Marco Formentini. Poi tutti prosciolti perché il Senato e la Camera avevano decretato l’insindacabilità delle condotte degli imputati parlamentari, ritenendo che l’associazione camicie verdi non fosse che un servizio d’ordine simile a quelli organizzati da altri partiti in occasione dei comizi o delle manifestazioni di piazza.L’inchiesta era continuata per gli altri 31 indagati, tutti lombardi: nel 2010, a Verona (dove risiedeva la maggior parte dei coinvolti), era arrivato il primo rinvio a giudizio. Poi, a 18 anni dall’inizio delle indagini, la competenza era passata al tribunale di Bergamo: nel settembre del 2014, il tribunale di Verona aveva infatti accolto l’eccezione di incompetenza territoriale presentata dall’avvocato di uno degli accusati.Infatti l’atto costitutivo dell’associazione venne siglato a Pontida nel giugno del 1996, durante uno dei raduni del Carroccio: venne fondato il Comitato di liberazione della Padania che – si leggeva nello statuto – «si dota di un servizio d’ordine organizzato nell’ambito dei territori della Padania, che viene denominato Camicie verdi». Il debutto della Guardia nazionale padana pochi giorni dopo a Stezzano, sempre nella Bergamasca. Negli ultimi anni il processo era tornato più volte in udienza preliminare, in attesa dei pareri delle Camere, della Corte costituzionale e dell’assemblea di Strasburgo. E ogni volta i termini venivano sospesi. Oggi, a quasi vent’anni dall’avvio dell’ inchiesta, il tutto si è chiuso con un nulla di fatto. Ed è arrivata la richiesta dei danni subiti. «Metà delle imputazioni – dice Esposito – erano cadute anni fa. Altre si sono prescritte. È rimasta in piedi soltanto l’accusa di associazione di tipo militare. Un’accusa infondata così come ha stabilito il gip. I ritardi sono da imputare ai quattro ricorsi alla Corte Costituzionale da parte della procura a fronte dell’insindacabilità per i parlamentari. Incompetenze territoriali da noi sollevate immediatamente poi confermate dopo anni. Nel frattempo abbiamo avuto persone indagate da ragazzi e uscite dal procedimento da uomini fatti».