«Carcere e città: mondi separati»

Convegno - «I Miogni e Varese dovrebbero avere un maggiore dialogo, anche per un reinserimento dei detenuti»

«La citta ideale vista dal carcere» è il titolo del convegno che si è svolto ieri mattina al CPIA di Varese, organizzato con Universauser nell’ambito del Festival dell’Utopia. Un’analisi sulle condizioni carcerarie e il rapporto con la città, fatta dal direttore della casa circondariale di Varese il dottor Gianfranco Mongelli, dalla responsabile UEPE la dottoressa Stefania Scarpinato, dal professor Giovanni Bandi e dalla presidente dell’associazione “Nessuno Tocchi Caino” Rita Bernardini, a cui hanno partecipato gli studenti del Liceo Artistico Frattini e dell’Isis Newton.

In realtà quello che è emerso, è che non c’è alcun rapporto tra i Miogni e Varese e tra i detenuti e i varesini, se non in minima parte e grazie al prezioso lavoro svolto dalle associazioni che operano all’interno della struttura circondariale. «E questo è un peccato – spiega Rita Bernardini che ieri ha visitato la struttura carceraria varesina -. I Miogni sono una realtà talmente piccola e collocata nel centro città, che dovrebbero avere una maggiore considerazione da parte della collettività. Il carcere dovrebbe essere più aperto e dialogante con le istituzioni locali e il centro produttivo della città, anche perché i detenuti usciranno tra pochi anni e serve che siano reinseriti nel migliore dei modi».

Maggiore considerazione anche in rapporto alle condizioni strutturali della casa circondariale, «che sono indegne – sottolinea la presidentessa di Nessuno Tocchi Caino -. La struttura è fatiscente e nonostante siano stati fatti dei piccoli lavori di ristrutturazione, il grosso è ancora da fare. Basti considerare che le celle non hanno la doccia e nemmeno l’acqua calda, hanno il bagno alla turca adiacente al cucinino e al lavandino. Una cosa pietosa dal punto di vista igienico sanitario».

Anche sulle condizioni di detenzione ci sarebbe, secondo Rita Bernardini, tanto da dire. «I detenuti non hanno niente da fare. Solo in minima parte hanno possibilità di studiare e lavorare e per cui il carcere, così, diviene un luogo in cui non c’è alcun recupero o possibilità di reinserimento sociale».

Le celle dei Miogni in realtà sono aperte 12 ore, «ma i detenuti non hanno possibilità di impiegare le ore libere, possono solo girare nel ballatoio su cui danno le celle. Una sorta di balcone che gira intorno al piano centrale circondato da una rete di sicurezza».

Il ritratto della nostra casa circondariale non è proprio degno di un paese civile. «Si vede che è fatiscente – aggiunge – e spero che i soldi stanziati per la riqualificazione siano effettivamente impegnati».

I fondi sono quelli che il Governo dovrebbe stanziare dai bilanci del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e che l’onorevole Maria Chiara Gadda aveva annunciato essere in arrivo. «Intanto ho informato i detenuti che il 6 novembre a Roma faremo una marcia per l’amnistia in onore di Marco Pannella e Papa Francesco. Le adesioni possono avvenire anche dalle carceri, con il digiuno che cominceremo il 5 novembre e termineremo il 6 con la fine della marcia». n