Caso Macchi. In aula torna la vacanzina a Pragelato

Riprende il processo che vede imputato il 50enne Stefano Binda per il brutale omicidio della giovane studentesse varesina

Omicidio Macchi: torna in scena Pragelato. Oggi nuova udienza davanti alla Corte d’Assise presieduta da Orazio Muscato. Sul banco degli imputati Stefano Binda, brebbiese di 50 anni, ex compagno di liceo di Lidia Macchi, uccisa a 20 anni nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 con 29 coltellate, arrestato 29 anni dopo l’assassino con l’accusa di aver trucidato la giovane scout e militante di Comunione e Liberazione. Pragelato, o meglio la vacanzina sulla neve organizzata da Gioventù

Studentesca sino a 6 gennaio 1987, nella località montana, è l’alibi di Binda. Il cinquantenne ha sempre detto di trovarsi là, a chilometri di distanza da Cittiglio dove al limitare dei boschi del Sass Pinì la mattina del 7 gennaio 1987 fu trovato il cadavere di Lidia, mentre la giovane veniva uccisa. Molti dei partecipanti hanno detto di non ricordare che se Binda fosse o non fosse presente a quella vacanza. E del resto sono passati 30 anni. Persi il registro dell’hotel che ospitò una comitiva di un centinaio di persone, persi gli elenchi dei partecipanti stilati da chi partecipò alla gita, ci si affida alla memoria. Due degli allora ragazzi hanno dichiarato di ricordare che Binda fosse presente. Uno dei due lo ha dichiarato in aula rimediando una denuncia per falsa testimonianza da parte della pg Gemma Gualdi per un presunto gesto d’intesa tra il teste e Binda in aula. Oggi tocca ad altri due partecipanti a quella vacanza. Sempre questa mattina sarà risentito Franco Posa, esperto di neuro scienza, che ha contraddetto la perizia del medico legale che 30 anni fa eseguì autopsia e sopralluogo. Per Posa Lidia fu uccisa nella sua auto al Sass Pinì. Mario Tavani, ex direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Varese, 30 anni fa, vista l’assenza di sangue sull’auto di Lidia e sul terreno dove fu trovato il corpo, ipotizzò che la giovane fosse stata assassinata altrove. Il cadavere sarebbe poi stato portato lì, dove 30 anni fa nel bosco si aggiravano spacciatori e tossicodipendenti, quasi fosse una messa in scena come a simulare che Lidia possa essere stata vittima di un violento tentativo di rapina.