C’erano una volta le storiche botteghe

Un libro racconta la rivoluzione del commercio. A realizzarlo è stato il gruppo “In tra da Nögn”: «Com’era bella quella città, ma lo sarà sempre»

– Com’è cambiata la Busto delle botteghe: il gruppo degli “In tra da Nögn” lo racconta in un libro. «Com’era bella quella Busto. Ma Busto sarà sempre bella per chi la ama» afferma lo storico e cittadino benemerito

Il libricino “A strüsa tra i Butìi d’üna ölta” è stato presentato mercoledì sera da , Luigi Giavini e . Un lavoro nato recuperando una ricerca di, detto “Cangelen”, uno degli iniziatori del gruppo degli “In tra da Nögn”, prematuramente scomparso nel 2012. Bandera aveva appuntato una cronistoria di tutte le attività commerciali del centro storico, per lasciare nella memoria le evoluzioni del tessuto cittadino.

Nomi storici e soprannomi che hanno fatto la storia

Nomi storici e soprannomi che hanno fatto la storia

Un’opera che in passato era stata messa a disposizione delle istituzioni, senza però ottenere alcuna risposta, così gli “In tra da Nögn” si sono mossi autonomamente e hanno prodotto il volume, che è in distribuzione alla libreria Boragno al prezzo simbolico di 10 euro. «Abbiamo chiesto il permesso ai figli e abbiamo ampliato l’elenco capillare fatto da Giovanni Bandera, arricchendolo di storie e aneddoti legati alle varie botteghe – racconta Antonio Tosi, detto “Pedèla” – è un pezzo della nostra storia bustocca. Ci è sembrato doveroso non disperderlo». Il volume dedicato alla “Basega”, oggi piazza San Giovanni e vie limitrofe, è solo la prima puntata di un percorso che proseguirà con le altre zone centrali. Lo spaccato che ne esce è davvero formidabile.

L a farmacia Alberti

L a farmacia Alberti

Ad esempio, nella vecchia “Porta Milano”, oggi piazza Garibaldi, c’erano il “barbé” Gallazzi, il “biciclètista” Cantù, la “camiséa” Marangona, l’“edicula”, il caffè (con varie gestioni successive), poi in via Milano si proseguiva con la “spurtineta”, l’“ustaia” (osteria), il “laté-furmaiatu” e il “cervelé”, mentre in via Cavour c’erano la “butìa dul brödu cóldu”, la finanza e il tabaché denominato “U impresa”. E via così. Per decine e decine di botteghe, corredate di descrizioni, documenti, foto d’epoca, aneddoti.

Sono fotografie in bianco e nero che raccontano il voltodi una città

Sono fotografie in bianco e nero che raccontano il voltodi una città

Dall’agenzia viaggi Colombo in piazza San Giovanni, «dove si compravano i biglietti per andare a visitare i figli alla colonia di Alassio», oppure il caseggiato della tipografia Colombo in via Milano (dove oggi c’è l’Upim) in cui una sera crollarono le scale e tutto l’ingresso al cortile, lasciando la famiglia del tipografo imprigionata. Fino all’invenzione del mitico dolce della pasticceria Campi, “polenta e bruscitti”.
Si tratta di una vera miniera per gli appassionati di storie bustocche,

ma anche un modo per capire le evoluzioni della città, nel momento in cui il cantiere di piazza Vittorio Emanuele, in dirittura d’arrivo, riporterà in auge i vecchi camminamenti pedonali tra le piazze del centro. «L’unica differenza con la Busto di oggi dei centri commerciali – spiega Luigi Giavini – è che nella fitta rete di botteghe di una volta, l’incontrarsi quotidiano, oserei dire senza tempo, cementava una identità, quella fatta di “cá gésa brusciti e lauá” (casa, chiesa, bruscitti e lavoro, ndr) che va sotto il nome di bustocchità».