Dal Porticciolo di Laveno al firmamento degli chef

, trentun anni, gestore del “Porticciolo” a Laveno, è fra i dodici giovani futuri migliori chef italiani secondo la guida dell’Espresso. «Un’emozione fortissima: siamo solo in due lombardi» ammette.

Sui Campi Elisi

Insegnante al CFP di Varese, è figlio d’arte: il papà apre l’hotel ristorante trentatré anni fa, con la moglie sommelier e maître; un’impresa di famiglia dove Giovanni, il re del risotto, gioca il ruolo del tradizionalista e Riccardo quello del genio innovativo.

Qui la giovane promessa ha fatto la prima gavetta; durante gli studi – è laureato in scienze turistiche allo Iulm – affina i ferri da Oldani. Continua l’apprendistato con , che nel 2010 lo segnala a Robuchon per l’apertura del suo “Atelier” sugli Champs-Elysées: c’è da lavorare diciotto ore al giorno. Un’esperienza che lo forma incredibilmente e che prelude al Mandarin. «La gente da tutti questi posti scappava: io sono volenteroso. , uno dei capostipiti della cucina emozionale, aveva scelto una brigata di sei giovani di diversa nazionalità. Io ero l’italiano, il più conservatore; è stato un anno fondamentale».

L’Hotel Porticciolo, recentemente rinnovato nei locali, è in odore di quarta stella. Il ristorante annesso ha un’unica sala e terrazza che danno direttamente sul lago. Un muro immaginario e arredi differenti dividono la sala in una “osteria” per pranzi e cene più informali e una tavola gourmet, dove è richiesta la prenotazione. «È difficile far comprendere in provincia la cucina ricercata. Noi puntiamo sulla qualità. In questo periodo, inficiato dal maltempo, il sabato sera abbiamo trentacinque persone e quindici al massimo alla “tavola”».

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