«È uno choc all’inchiesta Giù un muro: avrete novità»

«Dopo questo choc all’inchiesta, aspettiamoci altre novità». È la previsione di i, il noto giornalista e cronista giudiziario che guida il team di “Quarto Grado”, il settimanale di investigazione di Retequattro che da tempo ha fatto del delitto una delle proprie «battaglie per la ricerca della verità».

Tanto che alcuni degli indizi che la Procura generale di Milano ha acquisito agli atti dell’indagine a carico di , che porterà alla richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario, sono il frutto delle ricerche degli inviati della trasmissione Mediaset.

«Il delitto di Lidia Macchi è un caso emblematico – per Nuzzi – una di quelle ferite aperte nella provincia italiana. Ora si vedrà se Piccolomo è colpevole, ma credo che questo “choc”, questa novità in un caso sedimentato nel tempo, farà riemergere altre questioni. Ricordi, testimonianze. La storia racconta che quando si rompono i muri del silenzio qualcosa viene fuori». E qui, rimarca il giornalista, quello che colpisce è il fatto che siano stati «i giovani a voler far emergere la verità. Il fratello di Lidia da un lato, le figlie di Piccolomo dall’altro, con il loro fortissimo j’accuse nei confronti del padre».

Un altro aspetto che colpisce Nuzzi è la riabilitazione di don : «L’archiviazione del sacerdote suona quasi come una tardiva assoluzione: questa persona finalmente potrà levarsi l’impronta dell’infamia e affrancarsi dall’ipotesi di un proprio coinvolgimento che per 27 anni lo ha toccato».

Rispetto al fatto che Piccolomo possa essere considerato un “serial killer”, invece, l’esperto cronista mostra qualche dubbio: «I profili degli assassini seriali sono diversi, e in ogni caso sarei prudente prima di attribuire certe etichette – fa notare il giornalista – è un fatto che un’infinità di indizi si siano coagulati su di lui, e se la Procura generale si è spinta ad un passo così importante è perché gli indizi sono pesanti».

«Vale anche per il caso della morte della moglie, dalle dinamiche dell’incidente poco nitide alla relazione con la lavorante della pizzeria che poi sposerà fino ai precedenti di violenze in famiglia».

Ora però c’è anche chi a Varese sostiene che l’accusa nei confronti del “killer delle mani mozzate” per il delitto di Lidia Macchi, visti gli elementi finora raccolti dalla Procura generale di Milano, non sia così solida come ci si aspetterebbe per reggere una richiesta di rinvio a giudizio ma Gianluigi Nuzzi respinge queste illazioni.

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