Il “don con la valigia” ha radici forti

Monsignor Piergiorgio Bertoldi, varesino, è diventato nunzio apostolico in Burkina Faso e in Niger. Uomo libero, molto colto, amante della cucina italiana, è cresciuto qui. E qui torna da nipoti e sorelle

Campane a festa a Brebbia: monsignor è il nuovo nunzio apostolico in Burkina Faso e in Niger.
Arriva dalla provincia di Varese il sacerdote che ha nominato papa Francesco, elevandolo contemporaneamente alla “dignità” di arcivescovo di Spello.
«La Comunità Pastorale, e in particolare la parrocchia di Brebbia, è in festa ed è grata al Signore per questa nomina» spiega il decano di Besozzo, don . «Le campane a festa venerdì scorso hanno suonato da tutti i campanili della nostra Comunità

Pastorale per manifestare la nostra gioia e gratitudine a Dio e alla Chiesa per aver scelto un presbitero originario di Brebbia per dare continuità al ministero degli apostoli in questo nostro tempo».
«Lo dovremo chiamare eccellenza?» si domanda Monica, la sorella più grande di don Piergiorgio, terzo di cinque fratelli, che martedì 2 giugno verrà consacrato nella basilica del Seminario di Venegono Inferiore.
Nato a Varese il 26 luglio 1963, è stato ordinato sacerdote ambrosiano l’11 giugno 1988.
Subito dopo il seminario, ha voluto fare un po’ di esperienza di parrocchia, ma non è rimasto a lungo coadiutore di San Francesco a Cesate Villaggio, perché i suoi superiori avevano altri progetti per lui.

«Il cardinal Martini con monsignor Brugnaro – continua la sorella Monica – insistettero perchè andasse a Roma per continuare gli studi in ambito diplomatico».
E proprio nella Pontificia Università Lateranense si è laureato nel 1995 in Diritto Canonico, entrando a far parte del Servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio di quello stesso anno.
«Siamo contentissimi di quest’ultima nomina, anche se un po’ ce lo aspettavamo visto che nel suo percorso di “carriera” sta facendo tutti i passi canonici».
Il suo primo incarico è stato in Uganda, «come segretario nella Nunziatura Apostolica e poi ha proseguito in Congo Brazabil e in Gabon, ai tempi della guerra. Quindi Colombia, ex Jugoslavia, Romania, Iran e Brasile».
Il fascino di questo “Uomo con la valigia sempre pronta” – come ha racconto in occasione del suo venticinquesimo di messa – «è la sua capacità di entrare in relazione con l’altro, chiunque esso sia».
«Forse non è nemmeno la persona che ci si aspetterebbe di veder entrare in seminario per fare il prete. È un uomo molto libero, dotato della capacità di essere vicino anche a chi non è vicino alla Chiesa. Non per altro è finito in diplomazia».
Un uomo generoso e legato, nonostante le distanze, alla sua famiglia. Non ha esitato a prendersi cura del padre malato, e a rimane vicino a fratelli e nipoti con i quali «è sempre disponibile. Per loro farebbe tutto. Quando siamo lontani comunichiamo via Skype e quando è a casa, da me o da mia sorella, si trova con loro per passare il tempo o pranzare».
Conosce il francese, l’inglese, lo spagnolo e il portoghese, ma se la cava anche ai fonelli. «Da piccolo diceva che avrebbe fatto il prete o il cuoco». E in un certo senso ha fatto centro in entrambi i casi. «In qualsiasi Paese sia stato ha finito, bene o male, con l’insegnare a cucinare all’italiana, imparando anche un po’ di cucina locale».

A lui è dedicato il numero speciale del notiziario della Comunità Pastorale San Nicone Besozzi che ne tratteggia una breve biografia, dalla formazione a Bogno dove è cresciuto, passando per la vocazione nata precocemente, fino al trasferimento a Brebbia, al sacerdozio e alla carriera diplomatica.
«Per poter vivere così, senza radici – si legge in un passo – deve avere la certezza che noi siamo le sue radici. L’incontro con tanti mondi e culture diverse gli ha permesso di crescere nelle relazioni con gli altri. Se vi capitasse d’incontrarlo personalmente vi accorgerete che non ci sono per lui problemi di lingua, d’estrazione sociale o culturale, vi trovereste sempre a vostro agio».