«Il lavoro aspetta chi sa fare qualcosa di specifico»

Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24, torna con “Venti domande per me (posson bastare)”. Protagonista: Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis ( con sede a Gallarate) e presidente Assosomm


Perché dovrei? Aver sponsorizzato la Pallacanestro Varese è stato innanzi tutto un modo per restituire qualcosa al territorio da cui sono partito oltre ad aver rappresentato un’occasione per un tuffo nel passato, creando un link temporale ed emozionale con l’epoca della sponsorizzazione Metis, che ora fa parte di noi in un’unica grande famiglia, la Openjobmetis.

Le emozioni del parquet sono sempre uniche e atleti e allenatori dimostrano ogni volta di lottare sino all’ultimo canestro.

Ora però non bisogna perdere in tensione, farsi prendere dal pessimismo in questa fase della stagione sarebbe un passo falso.


La fiducia nella Squadra e nella Società è alta. I giochi sono ancora aperti e noi ci crediamo. Il futuro è ancora tutto da scrivere e noi non siamo gente che molla alla prima difficoltà. Abbiamo trovato una società seria e ben organizzata . Ci sono tutti i presupposti per non fare una toccata e fuga.


Nessuno dei 3 per come avrei sperato e per le reali necessità del paese E non penso che la mia sia la voce di chi non è mai soddisfatto o che si attacca al proverbio : “ piove governo ladro “ , ma di chi ha visto ben poco di concreto. Dovendo scegliere, opterei per Renzi, ma più che per i risultati visti fino ad ora, per aver forse dato una scrollata alla società con un linguaggio più diretto e meno di “palazzo”.

Il numero degli sfiduciati, stando alle statistiche, sembra essere diminuito e non stare in panchina – tanto per rimanere nell’ambito della metafora sportiva – è già un primo passo per trovare una soluzione ai propri problemi.

Di giovani che se ne stanno a casa sul divano perché pensano che tanto là fuori non c’è nulla per loro non ne vogliamo dover contare più.


Pregi: un nuovo assetto legale del mercato del lavoro era certamente auspicabile e la nuova legge va accolta con favore ma in assenza di un ripresa dell’economia risulterà nella migliore delle ipotesi del tutto inutile . Le riforme strutturali non producono occupazione se c’è deflazione.

Difetti: non capire che il contratto a Tempo Indeterminato a tutele crescenti non può essere da solo la soluzione all’occupazione Italiana . La non totale abolizione poi delle forme non tutelanti come Co.co.pro e False Partita Iva non vanno certo nella direzione che mi aspettavo . O si ha coraggio o non si ha coraggio . La mediazione è di altri tempi.

La formula – che poi tanto magica non è perché dettata dal buon senso più che da fantasmagorici assunti tecnico/ economici – è di capire veramente in maniera pratica e concreta prima di tutto cosa vogliono le imprese e i lavoratori. Toccare con mano le esigenze non stando a “ palazzo“. Sporcarsele quelle mani! Allora capiremo che non è questione di perfezione della normativa che regola i rapporti di lavoro, ma sono le condizioni che non rendono possibile l’instaurarsi di un qualsiasi rapporto di lavoro!

Possiamo continuare a pensare che è stata l’inadeguatezza delle regole sul collocamento e sui licenziamenti che ha provocato la crisi? Certamente no. Dobbiamo venir fuori da quello stato di crescita negativa nel quale ci troviamo, rilanciando l’economia e mettendo finalmente gli imprenditori nella condizione di poter creare, e quindi diffondere, nuova ricchezza.

E invece no, il lavoro continua a essere tassato come fosse un bene di lusso. Quando dovrebbe essere il pane di tutti. Magari convocare chi come noi Agenzie per il Lavoro il mondo del Lavoro lo conoscono veramente.

A quei molti, compresi coloro che si impegnano nei sindacati, suggerirei di riflettere più ad ampio raggio rispetto ai lacciuoli della legge che regola assunzioni e licenziamenti. O finiremo per non doverci occupare più del problema di dover licenziare una persona semplicemente perché questa non è mai stata assunta. Stiamo perdendo la ragione senza capire che il mondo è cambiato . Noi dobbiamo adeguarci ai cambiamenti in maniera veloce senza pregiudizi.

Non imputerei la colpa di questo alla cancellazione dell’artocolo 18, ma certamente nell’Ottocento, o comunque in un’epoca arretrata dove il divario tra pochi ricchi e tanti poveri si sta via via accentuando, ci stiamo tornando. Ma non vorrei passare ora per pessimista tout court.

Le frecce all’arco degli Italiani, che hanno sempre dimostrato di essere un popolo creativo e poco arrendevole, sono tante. Bisogna solo imparare a reinventarsi e a valorizzare di più i nostri punti di forza. Come? In Italia potremmo vivere di solo turismo, perché ci pensiamo così poco e continuiamo a incaponirci nel voler pensare che il lavoro si crea per decreto quando ce lo abbiamo molto spesso sotto agli occhi?


Che questa sia un’epoca nella quale è diventato necessario reinventarsi, provare a fare tre passi indietro per poi farne magari cinque in avanti, è indubbio. È il male del secolo? Forse no: i tempi cambiano ed è normale.

Abbiamo passato un anno in tour per tutta Italia con il professor Paolo Crepet per far capire agli imprenditori di tante e diverse province italiane che il cambiamento fa parte della vita di tutti, anche se in alcune epoche la necessità di trasformarsi è più forte di altre. Il tempo del posto fisso e unico dagli esordi della carriera fino alla pensione è terminato. Quello che non deve terminare è l’accesso al lavoro. Possiamo chiedere alle persone la flessibilità necessaria a cambiare mestiere a 40 o 50 anni, ma questo non vuol dire dover fronteggiare lo spettro della disoccupazione e del talento lasciato nel cassetto.


Diciamo loro di essere precisi e focalizzati. Di imparare un mestiere definito. Magari uno di quelli che non si impara a scuola, ma sul campo. Secondo Lei è di dominio pubblico l’informazione che le Agenzie per il Lavoro erogano ogni giorno decine e decine di ore formative altamente professionalizzanti? Che noi formiamo figure introvabili quali saldatori, carpentieri, artigiani della calzatura, calderai? E le ho fatto solo qualche esempio. No, non lo sanno tutti. In compenso sono in tanti a continuare a vederci quali dispensatori di precarietà. Quando noi offriamo solo opportunità. Certo, “opportunità” non è “garanzia”. Ma le garanzie le lasciamo a quei politici che hanno voluto parlare di cose come “Garanzia Giovani”, come se i disoccupati fossero solo gli under 29. E ai trentenni o agli over 40 cosa vogliamo raccontare? Allora mi domando, ma perché mai non l’abbiamo voluta chiamare almeno “Garanzia Lavoro”?


Vediamo: potremmo provare a dotare almeno la metà dei Centri per l’Impiego di una macchina? Sì di una macchina, quella che i nostri commerciali usano tutti i giorni per andare ad ascoltare le reali e concrete esigenze delle imprese del loro territorio. Perché se le nostre filiali non realizzano un numero sufficiente di match tra candidati e posti di lavoro realmente procurati, chiudono. Questo non succede invece ai Centri per l’impiego che possono permettersi di passare il giorno a compilare carta. Le sembra accettabile? O meritocratico? O davvero moderno?


Le spiego nel dettaglio questi dati. Se abbiamo “creato un posto di lavoro” significa che abbiamo assunto una persona. Confermo che, nel 2013, abbiamo attivato 90.200 missioni. Per ciascuna di queste missioni è stato sottoscritto un regolare contratto di assunzione alle nostre dipendenze. Abbiamo poi istituito un osservatorio che ha, tra i tanti obiettivi, quello di capire quante di queste persone ricevono una proposta di assunzione diretta da parte delle imprese all’interno delle quali hanno prestato il proprio servizio. I dati dimostrano che la somministrazione si conferma non solo un modello di flessibilità positiva, ma anche un canale sempre più valido nel favorire la stabilizzazione dei lavoratori.

Tornando ai numeri Openjobmetis, nei soli primi quattro mesi del 2014, sono oltre 1800 le persone assunte dopo il periodo di somministrazione in azienda, il 10% in più rispetto allo scorso anno. Sono invece 520 i dipendenti diretti che oggi Openjobmetis ha il piacere di retribuire ogni mese.


L’Italia è lunga e stretta e ogni territorio segue le proprie logiche, a volte molto assortite tra di loro. Ma noi siamo orgogliosi del nostro operato al Sud. Perché, tanto per iniziare, quando il lavoro transita da un’Agenzia per il Lavoro vuol dire che è già stato cancellato l’incubo del lavoro nero. Vogliamo ricordarlo alle istituzioni? Vogliamo rottamarlo questo lavoro nero una volta per tutte e ricordare che un lavoratore somministrato, ancorché non assunto a tempo indeterminato, gode di tutela previdenziale e assicurativa? Che i suoi contributi sono quindi regolarmente versati, che se si ammala o si infortuna è tutelato? C’è bisogno di ricordarlo? Sì, secondo noi sì. Allora il Governo potrebbe vedere finalmente nelle Agenzie per il Lavoro un valido alleato.


Diciamo che è uno dei nostri maggiori problemi, anche se non parlerei di settore in affanno. Anzi. Ciò si verifica perché noi dobbiamo pagare il nostro lavoratore con puntualità a fine mese e i relativi oneri sociali e contributivi al 16 del mese successivo. In compenso, le aziende possono pagare noi per i servizi offerti anche oltre i 120 giorni. Peccato che con quei soldi noi dobbiamo creare, entro la fine del mese, gli stipendi. Una politica di maggiore sensibilità sulle modalità di recupero dei crediti per le Apl potrebbe senza dubbio agevolarci.


Se c’è una cosa della quale sono certo, è che i posti di lavoro attendono coloro che sanno fare BENE qualcosa di molto SPECIFICO.

Essere generalisti non pagherà più. Al di là della nazionalità dei lavoratori. Ai giovani questo lo ricorderei. Essere onesti con loro, nel momento in cui per esempio si accingono e scegliere un percorso di studi e formazione, è la miglior dote che possiamo dare.


Lo è sicuramente, ma del pessimismo ne abbiamo piene le tasche. Quando ci rimbocchiamo le maniche? Il lavoro non solo lo si può cercare lo si può anche creare, non trova?


Sono così d’accordo su questo assunto che ho costruito la mia azienda che ha come mission quella di motivare e stimolare tutti i giorni il capitale umano presente in azienda . Le persone al centro dell’impresa… l’imprenditore lo sa benissimo… ecco perché l’articolo 18 non serve più a nessuno.


Colpa delle Stelle di John Green . Un libro che fa riflettere molto, un libro che ti insegna che il mondo non si ferma e la vita va vissuta …sempre . Punto .


Magic in The Moonlight, di Woody Allen.


A Very Special Mario Christmas, di Mario Biondi.


Cercare di non riparare all’ultimo fatto. (Confucio diceva : Un uomo che ha commesso un errore e non lo ha riparato, ha commesso un altro errore).