Il Natale unisce cristiani e musulmani

Presepe vivente speciale in piazza San Vittore: in scena e dietro le quinte 550 persone e dieci profughi: «Abitano qui e ci hanno dato una mano: la Natività ricorda l’origine della carità». Pienone di varesini

– I profughi costruiscono il presepe vivente. Quest’anno è stata speciale la sacra rappresentazione “La Maestà della Vita” ispirata a e messa in scena ieri in piazza San Vittore: oltre a 550 tra figuranti e lavoratori, infatti, sono stati “reclutati” una decina di ragazzi stranieri. «Una giornata magnifica, troppo bella. Sono stato contento d’essere venuto ad aiutare. Le tradizioni sono molti belle da vedere» hanno detto due di loro, provenienti da Mali e Togo. Musulmani e cristiani si sono rimboccati le maniche senza troppi dubbi «per dare una mano». Parlano tutti in francese “tradotti” da che racconta «gli abbiamo chiesto se volevano venire a darci una mano dopo averli conosciuti all’iniziativa del Banco alimentare ed hanno accettato».

«Abitano a Varese in una cooperativa in viale Valganna» spiega di Avsi Varese, che quest’anno con il titolo “Profughi e noi. Tutti sulla stessa strada” propone di farsi compagni di chi è costretto da guerra, violenza e disastri naturali a lasciare tutto per mettersi in cammino verso un luogo sicuro. «Il presepe è importante proprio per ricordarsi di quella che è l’origine della carità, il fatto della nascita di Gesù». Dentro questa iniziativa sono cresciuti tanti dei ragazzi scout che oggi portano avanti il presepe vivente con i più

piccoli. «Per me essere qui oggi – racconta – è la testimonianza di incontro fatto da piccola». aggiunge «Vedevo l’impegno e il coinvolgimento dei miei capi e ora lo faccio lo stesso per trasmettere l’esperienza bella che ho sempre fatto». A poche ore dal Natale «è il modo per interrogarmi – dice – sul reale significato del Natale e di quello che faccio perchè vivo da cristiano. Un modo informale per non far passare sotto silenzio l’arrivo del Natale». ricorda il presepe vivente «come una cosa stupenda: tanti animali e tante cose da fare. Vorrei che vivessero quanto ho vissuto io quando avevo la loro età. Questo è un momento speciale che pochissime altre persone possono vivere». Anche ha iniziato da “coccinella” a otto anni e prosegue ora che è spostata e di anni ne ha 27. «Da bambina l’aspettavo tutto l’anno. È un modo di stare insieme meraviglioso. Da adolescente sono gli amici a tirarti in mezzo e poi da capo scout ci credi in maniera diversa, sono i bimbi che ti caricano». Si prendono le ferie perché «è una giornata che mi cambia il Natale: mi dà il senso della festa più dei regali scambiati».

, colonna storica del presepe vivente: «Per chi lavora per questo momento è un po’ il paradigma della vita: ognuno ha un compito che gli viene dato senza scegliere e lo porta avanti, per quello che è capace di fare. Però non è da solo, ma dentro una compagnia di persone. Alla fine mettendo insieme i pezzettini si ottiene un risultato sempre superiore a quanto aspettato». Sin dalla prima volta è grande lo stupore «per di fronte, e non va dato per scontato, a quanto le persone si spendano gratuitamente». Una passione che ha contagiato anche i ragazzi profughi che con gli altri si sono messi a lavorare al mattino: «A prescindere dal fatto che quanto proposto non credo rientri nei loro canoni. Una delle nostre amiche li ha invitati a pranzo per Natale. Queste sono cose che nascono qua senza tanta organizzazione».Secondo il regista , la caratteristica della sacra rappresentazione è quella di «portare quello che si è, con la capacità di incontrare tutti, partendo dalla propria posizione di cattolico però con desiderio di dire quello che si è veramente anche se pare sempre più difficile, perché sembra quasi ci si debba tirare indietro o nascondersi. Questa fede, invece, è una grande ricchezza».