Il pagellone dei Mondiali: Germania perfetta Pulce incompiuta

Il giorno dopo la fine del Mondiale è come il primo giorno d’autunno sulle spiagge: niente bagnanti, ombrelloni chiusi, lo sciabordio discreto delle onde e il sole timido. Malinconia, senso di vuoto dopo un’overdose di un mese. Ancora a caldo, ecco le pagelle: alle squadre e non solo.

Le squadre

La grande bellezza: a tratti sembrava un Brasile, ma di quelli veri. Strada facendo ha rubato l’occhio, la finale l’ha ruminata: ma partite così non vanno giocate bene, vanno solo vinte.

Ha scelto la sostanza, ha speculato assai, però è arrivata a giocarsi il sogno alla pari con i tedeschi. E con Di Maria sano forse vinceva.

Eterna piazzata, stavolta con pochi rimpianti e tanto orgoglio. Ha scontato la forma calante di van Persie.

Non avrebbe vinto mai, neanche trovando sette Nishimura. Ha sempre giocato male, doveva uscire già agli ottavi col Cile. Squadra lontana dal minimo sindacale verdeoro, resterà nella storia per la scoppola tedesca. Se non fosse il Brasile, il quarto posto con quel materiale sarebbe un miracolo.

Talento a profusione, una possibile grande che qui era ancora acerba. Segnatevelo: a Euro 2016 e a Russia 2018 arriverà in fondo, e magari vincerà.

Più di così era impossibile. Ha divertito, ha eliminato (presunti) colossi, ha sfruttato le occasioni, ha scritto la storia.

Mai così bene: vent’anni fa giuravano che presto avrebbero vinto anche nel calcio, ci stanno mettendo più del previsto. Succederà quando all’atletismo (è la squadra che ha corso di più e meglio) aggiungeranno abbastanza talento.

Il forfait di Ribéry ha liberato tutti gli altri buonissimi giocatori. Generazione promettente: ora ha l’Europeo in casa per fare il salto di qualità.

Belle, sfortunate e un po’ cicale: con più cattiveria avrebbero fatto piangere prima i brasiliani.

Ha superato gli eroi dell’82, ha messo in grave imbarazzo la Germania, ha esposto gioielli grezzi e un gioco divertente. Halilhodzic, con Pinto della Costa Rica, è il ct dell’anno.

Snobbano i frontalieri, ma coi figli degli immigrati sognano un’epoca aurea.

Con quel blasone non si possono fare figure così.

Si è confermato Ronaldo-dipendente: CR7 era giù e la barca è puntualmente affondata.

Ha passato il girone, ha lottato con l’Argentina, è stata l’unica dell’Africa nera a non dilaniarsi in guerre intestine.

Giocare per i soldi è anche comprensibile, se sei nato povero. Però devi per l’appunto giocare: questi hanno fatto più casino che allenamenti. Inconcepibile.

I singoli

La jattura della Costa d’Avorio: commette fallo da rigore al 92’ buttando via la storica qualificazione agli ottavi.

La media tra lo spettacolo che dà palla al piede (8) e la freddezza sottoporta (2).

In un calcio fisico come quello attuale se fai il giocoliere le prendi, e se sei fragile ti rompi. Forte è forte: sarà un campione anche quando smetterà di simulare. Se no gli arbitri, la volta che si fa male davvero, non gli credono.

Graziati: andavano espulsi e plurisqualificati.

Segna tanto, vince da solo le partite, però sbrocca in modo belluino. Auguri al Barcellona.

Segna poco, non vince da solo le partite, sbrocca per futilità. Auguri al prossimo che gli regalerà i milioni.

Il Mondiale deve anche rivelare promesse. Eccone due destinate a luminosa carriera, decisive per il carisma oltre che per i colpi. È da questi particolari che si giudica un fuoriclasse.

Tutti parlavano di Müller e Messi, ma erano loro i veri segreti delle finaliste. Splendidi apriscatole, variabili impazzite buone a cambiare qualsiasi gara.

Gli avevano dato una missione alla Maradona, vincere quasi da solo: ha sfornato rare delizie, ma non era al top e si è visto.

Ha sbagliato tutto quel che poteva. La gran confusione dimostra che non è all’altezza di un Mondiale.

Dodicesimo vincente: l’aneddotica ha bisogno di questi eroi per caso. Peccato che non si sia potuto ripetere.

Un paracarro, ma non è colpa sua se non c’è un altro centravanti. Come Barbosa nel ’50, capro espiatorio del fallimento del Brasile.

Lo show

Belli, benché alcuni strambi (San Paolo). Però troppo grandi e costosi, per di più da oggi quasi tutti inutili. A conti fatti, peggio di Italia ’90. Era meglio costruire gli ospedali: auguri a un Paese sempre in bilico.

Il bello del Mondiale è sugli spalti: zero incidenti, zero barriere. È così difficile che tutto questo diventi normale quotidianità?

Dovevano essere una novità epocale, si sono trasformati in clandestina leggenda metropolitana. Magari in Qatar però sì, eh?

Una volta la barba si faceva al palo, adesso alle barriere. Se fanno i mocciosi, trattali da mocciosi: sistema buffo, però funziona.

Tolti lo sciagurato Nishimura e pochi altri, bene. Da tempo non passavano così inosservati: in un mondo perfetto non bisognerebbe dargli voto.

Una volta, seduti e zitti. Adesso sembrano tarantolati. I momenti clou: le esultanze del messicano Herrera e il mezzo svenimento dell’argentino Sabella. Premio fuori concorso all’esilarante infortunio del massaggiatore inglese.

La Roussef e la Merkel insieme alla finale: quanto tempo è passato da Pertini e Juan Carlos.

Segnati 171 gol, alcuni bellissimi (i nostri preferiti: Schürrle al Brasile, Rodriguez all’Uruguay, van Persie alla Spagna, Messi all’Iran, Cahill all’Olanda), in 64 partite. Media gara 2,67, appena 7 gli 0-0. Tempi morti ridotti e poco difensivismo, anche grazie all’afa che ha allungato le squadre. A noi è garbato assai: una benedetta inversione di tendenza rispetto al grigiore delle ultime soporifere edizioni.n

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