«Il presepe vivente è spettacolo per tutti»

La nostra Laura Botter ha intervistato Andrea Chiodi, il regista varesino che dirige dall’inizio la sacra rappresentazione in piazza San Vittore a Varese

– A tu per tu con Andrea Chiodi, il regista varesino che dirige dall’inizio la sacra rappresentazione in piazza San Vittore a Varese.«Questo spettacolo in piazza è un po’ la mia storia personale – spiega Andrea -. Siamo arrivati alla sedicesima edizione, avevo 19 o 20 anni quando abbiamo iniziato ed è cresciuto con quello che è diventato poi un po’ il mio lavoro di regista». Una professionalità che non ha snobbato uno spettacolo semplice.

Al contrario «credo moltissimo in questo tipo di teatro. Un teatro che va nelle piazze per tanta gente. Lontano da un teatro da salotti o d’avanguardia o alternativo, ma per tutti che va all’origine delle cose che piace al pubblico». In questo momento storico «non è à la page che un regista di prosa si metta a fare un presepe, ma in realtà non posso, nel mio lavoro, non raccontare anche quello che sono e cioè cattolico». Un lavoro lungo quasi un anno, tra ideazione e messa in scena, che si ripropone senza perdere entusiasmo. «Mi diverto molto a fare un grande spettacolo di piazza e soprattutto a farlo per la città in cui vivo. Se uno, poi, ha un po’ passione delle cose si diverte. Credo che sia il compito di chi fa teatro permettere che anche dei gesti così più semplici, fatti dai ragazzini, possano essere realizzati bene, siano belli, curati e professionali in un certo senso».

Ad ispirare l’edizione del 2015 è Giovanni Testori: scrittore, drammaturgo, storico dell’arte e critico letterario. «Ciò che colpisce di Testori è la capacità di analisi che sa fare del presente, ma tenendola legata a una tradizione e, da un certo momento della sua vita in poi, alla tradizione cristiana: senza mai essere banale o sdolcinato, ma sempre sul “pezzo”. È stato in grado di confrontare la propria fede con la vita, con tutto quello che accadeva intorno e lui l’ha fatto sulla guerra, sulla vita, sull’aborto, sulle BR, su tantissimi temi. Tanto è vero che Corriere della Sera, alla fine degli anni ’70, gli lasciava un editoriale per Natale. E lui paragonava quel che stava accadendo in quel momento storico alla venuta del bimbo di Betlemme. Diceva: “solo la dolcezza dello sguardo del bimbo di Betlemme può costruire una società”».

Da figlio di giornalista (il varesino Carlo Chiodi, scomparso nel 2009), Andre si è ritrovato con quell’immediatezza di scrittura. «Forse Testori mi piace così tanto – conferma il regista – proprio perché mi è familiare quella ricerca dello sguardo delle persone e sulla gente. Quel guardare alla realtà e ai fatti che accadono senza mai pregiudicarli ma sempre incontrandoli, guardandoli, vedendoli. E questa caratteristica in Testori è certamente enorme e credo sia la cosa più cara che ho di mio papà. Lui aveva veramente voglia di vedere la gente di stare con tutti: destra sinistra, cattolici e non, ma col desiderio di paragonarli alla sua esperienza di giornalista e cattolico. Questo forse è anche del presepe portare quello che si è con la capacità di incontrare tutti, partendo dalla propria posizione di cattolico credente però con desiderio di dire quello che sei veramente anche se pare sempre più difficile, perché sembra quasi ci si debba tirare indietro o nascondersi. Questa fede, invece, è una grande ricchezza».