Il sindaco incontra i profughi a Casorate

«Rispetto chiama rispetto. Noi vi abbiamo accolto e ci aspettiamo che vi comportiate bene, stando alle regole di convivenza civile del nostro paese»

– Il sindaco di Casorate Sempione è stato chiaro. Ieri a mezzogiorno l’incontro voluto da lui stesso con gli asilanti arrivati in paese settimana scorsa: 4 giovani pakistani e un etiope, tra i venti e i trent’anni. Un faccia a faccia di un’ora, schietto e di conoscenza reciproca, al momento sommaria, che il primo cittadino definisce «positivo». Insieme al sindaco, l’assessore ai Servizi sociali e il comandante della polizia locale, ma anche il referente della cooperativa Ballafon che si occupa dei migranti e che ha già dato la disponibilità dei cinque giovani a fare qualche lavoretto per il Comune di Casorate.

«Non c’è stato alcun atteggiamento sopra le righe, anzi», assicura Cassani. «Ho avuto una buona impressione di questi ragazzi che non appaiono affatto intenzionati a creare problemi. Ho detto loro che il miglior modo per superare lo stereotipo del richiedente asilo è restituire qualcosa alla comunità che ti accoglie».

Quattro arrivano dal Pakistan, fuggiti per i conflitti tra tribù nel loro Paese, riporta il sindaco; mentre l’etiope, rimasto orfano da piccolo e senza parenti, ha scelto di andarsene dalla sua terra dove faceva il barbiere. Tutti e cinque (quattro soltanto i presenti, ieri, in Comune) sono a Varese da qualche mese, uno da gennaio, gli altri da aprile. Per parlare con loro, c’è stato bisogno di una doppia traduzione: dall’italiano all’inglese per l’interprete che ha poi tradotto in pakistano,

mentre è toccato a uno dei pakistani ripetere i discorsi in arabo, unica lingua conosciuta dall’etiope. Una crocevia di lingue e culture, ieri in municipio a Casorate. Bivaccare per le vie del paese, magari con una dose d’alcol di troppo in corpo, non è nel loro stile. «L’hanno assicurato subito», rimarca il sindaco Cassani che non ha fatto mistero delle titubanze dei casoratesi sull’avere dei profughi “in casa”. «Saremo fermi nel segnalare eventuali comportamenti scorretti al prefetto, e di questo li abbiamo avvisati. Hanno ben recepito il nostro invito a sfatare il mito di voler arrivare in Italia per farsi mantenere». I cinque asilanti abitano nella palazzina in via Cesare Battisti che già ospita persone di diversa nazionalità, marocchini, siriani ma anche italiani.