Il vecchio castagno è qui: «E non lo distruggeremo»

Abbattuto a maggio, era il simbolo centenario di piazzale Montanari. La Crispi doveva ridurlo in trucioli: «Ma ci è mancato il cuore»

C’era anche lui, ad AgriVarese, il vecchio castagno secolare di piazzale Montanari, abbattuto il 19 maggio scorso. Una trasferta inattesa per lo splendido esemplare di centoventi anni, esposto come una gigantesca reliquia tra via Veratti e via Sacco, grazie a Riccardo e Paola dell’azienda Crespi di Galliate Lombardo.
Riccardo è titolare di una delle tante belle aziende del Varesotto che fanno girare l’economia verde del territorio: nel suo centro di compostaggio arrivano le piante da smaltire,

i residui delle potature. A metà maggio scorso, arriva da lui il celebre castagno tagliato e rimossi dai tecnici della Angioletto Borri di Varese: destinazione smaltimento, recupero e riciclo dei residui. Ma Riccardo non ha il cuore di mettere nella cippatrice e ridurre in trucioli da fuoco quella bellissima pianta: di comune accordo con i familiari, tutti impiegati nell’azienda, decide di tenerlo così com’è. Anzi, in occasione della manifestazione-principe dell’agricoltura varesina, decide di caricare le sue sette tonnellate e mezzo sopra un trattore e lo porta in esposizione.

Un flusso continuo di persone si ferma davanti al grande nonno ancora tra noi, che grazie al muschio sopravvissuto sul lato esposto a nord, sembra ancora vivo, solo che è sdraiato, come se dormisse. I più anziani si fermano davanti al grande cartello rosso dal titolo “Questo è il castagno che dominava piazzale Montanari del Sacro Monte”, con le fotografie che raccontano la sua storia, iniziata pochi anni prima del ‘900; si dice che fosse già lì, davanti alla Trattoria nel 1895 a sorvegliare il traffico del tramvai, presso il capolinea di arrivo alla Prima Cappella, che una volta si chiamava Stazione Mediterranea. Escluso dalle lottizzazioni delle numerose ville d’epoca costruite alla fine dell’800, forse anticamente faceva parte delle parcella di bosco da taglio che apparteneva da secoli al Santuario; l’ultimo suo proprietario era stato il Comune di Varese.

Sono tantissimi i curiosi che si fermano davanti al grande vecchio. Molti lo ricordano splendido e affascinante in occasione di alcune straordinarie nevicate, oppure immerso nella nebbia. E quando arrivava l’epoca delle castagne, piccole e dolci come tutte le castagne della nostra zona, si faceva a gara per portarsi a casa i ricci. Si ferma una signora di mezza età e stende la mano per accarezzare il fianco del grande vecchio, ha l’espressione commossa, come se stesse contemplando qualcosa di sacro. Un altro signore indica i piccoli funghi carnosi, di colore arancione, che spuntano in mezzo al muschio: «Sono le lingue di bue, guardi che sono buone da mangiare, affettate e crude; sono vivi perchè l’albero è morto ma dentro conserva ancora una grande sostanza». Tanti bambini restano stupiti dalle dimensioni del grande albero, portato in gloria dagli enormi mezzi agricoli con la piccola cabina di pilotaggio. Mauro, il figlio di Riccardo, dice: «Lo teniamo come monumento nazionale, molti ci hanno chiesto preoccupati se lo trinceremo. Ma noi l’abbiamo preso a cuore». Ha solo quindici anni ma ha le idee molto chiare, è l’unico che sa usare la cippatrice: «Per ora studio all’Ipsia indirizzo agraria, in futuro darò il mio nome all’azienda».