Insulti e punizioni fisiche in classe Prof delle medie davanti al giudice

A processo per maltrattamenti un’insegnante delle scuole di Lavena Ponte Tresa. Per gestire i ragazzi usava metodi poco ortodossi, chiamandoli «handicappati»

– Insulti e punizioni fisiche agli studenti: insegnante a processo per maltrattamenti. Ragazzi feriti alle mani e chiamati “asini”, “scemo” o “handicappato”. Ieri in aula, davanti al giudice varesino , la testimonianza dei colleghi e dell’ex dirigente scolastica della prof a giudizio. Il contesto è quello di una scuola media. Una classe vivace quella dove la docente insegnava. Vivace per stessa ammissione della dirigente scolastica.

I metodi contenitivi adottati dalla prof, però, per l’accusa sono riconducibili al codice penale. I fatti contestati risalgono all’anno scolastico 2011-2012 alle medie di Lavena Ponte Tresa. Tutto parte da una lettera firmata dalla quasi totalità dei colleghi dell’insegnante che «raccolti i malumori diffusi e sentite anche le testimonianze dei ragazzi» hanno deciso di intervenire. Una lettera con firme autografe non concepita da un solo collega dell’insegnante a processo. «Ognuno ha portato il suo contributo –

ha detto ieri in aula un’altra insegnante – Ciascuno di noi ha scritto un pezzo della lettera sulla base degli elementi che aveva verificato o di cui era venuto a conoscenza». Nel febbraio 2012 la missiva-denuncia viene consegnata dal corpo docenti alla dirigente scolastica. Che interviene e segnala l’accaduto all’autorità giudiziaria. «I carabinieri sono venuti direttamente a scuola – hanno spiegato gli insegnanti in aula ieri – Sono arrivati insieme a un assistente sociale e al funzionario addetto alla tutela dei minori. E hanno ascoltato i ragazzi, raccogliendo le loro testimonianze».

Durante l’accesso a scuola la prof a processo non era presente: «Ci fu chiesto di ritardarne l’arrivo», hanno spiegato i colleghi della professoressa. Il quadro tracciato dalle testimonianze dei ragazzi è gravissimo. «In particolare uno studente aveva segni, dei graffi, sulle braccia e sulle mani – hanno spiegato le colleghe dell’imputato – Ferite che sembravano causate da un oggetto appuntito. Da un oggetto con la punta arrotondata. Pareva che fosse stato colpito la punta di una biro».
Ferite non tali da richiedere un accesso al pronto soccorso e che lo studente aveva in parte attribuito a un gioco con il proprio cane. Ci sarebbero altri due casi sospetti segnalati a processo. Nel racconto si passa poi agli insulti. «In una caso – ha spiegato l’ex dirigente – strappò dalle mani di uno studente disabile una bottiglia d’acqua buttandola dalla finestra. Certamente il giocare del ragazzo dava fastidio, ma quel gesto fu per me il segnale di qualcosa di grave».