«Io, clown che regalo sorrisi ai bambini di Gaza»

, professore varesino di 38 anni, spinto da una grande fede e dal desiderio di mettersi a disposizione dei più bisognosi, soprattutto dei bambini, oggi si trova in una delle terre più devastate dalla guerra.

«Questo è il mio venticinquesimo viaggio in Medio Oriente, tra Iraq, Egitto, Giordania e Palestina, una decina a Gaza. Io sto molto bene» racconta «e nonostante le condizioni difficili sono felice perché ho il dono di poter vivere questi momenti vicino a miei carissimi amici; in questo momento non cambierei la piccola parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City con nessun altro posto al mondo!».

Non è facile raggiungerlo né per email, né via Facebook, dove saltuariamente posta sue immagini mentre, travestito da clown, allieta le ore ospedaliere dei bambini più sfortunati.

«Qui manca sempre la corrente; almeno otto ore al giorno di solito è garantita, ma ora con la guerra si sono fatti anche quattordici giorni completamente senza».

Con il suo cappellino matto e multicolor, elica in testa come se dovesse sempre spiccare il volo – «semplicemente perché a tutti i bambini piace volare» spiega – Marco si fa chiamare da tanti anni “Claun il Pimpa”.

«Sono un pagliaccio in quanto clown, anzi direi “Clown Il Pimpa”, e girovago il mondo “armato” di naso rosso, valigia di cartone, un pizzico di magia, con l’ambizioso progetto di riuscir a far sorridere il Cielo». Marco si occupa fondamentalmente del sorriso dei bambini, «a volte perso, a volte scordato, ma mai dimenticato sino in fondo…» racconta.

«Basta una piccola magia e si riaccende la fantasia del bimbo e con quella luce si ritorna subito ad essere felici». Fra le storie che lo hanno colpito maggiormente, il maestro ricorda il sorriso di una mamma che ha saputo che la sua bimba stava bene.

«Durante il bombardamento e il crollo successivo delle macerie non ha pensato un attimo a gettarsi sopra di lei e salvarle la vita. Questa mamma molto probabilmente non camminerà più; sdraiata in quel letto di ospedale dava proprio l’idea di essere consapevole di quello che era successo, ma i suoi occhi erano felici perché aveva salvato la sua bambina».

© riproduzione riservata