– I bambini, questi sconosciuti. Ignorati da genitori troppo impegnati a portarli a calcio, danza e lezione d’inglese e ormai quasi emarginati in un Paese con la natalità più bassa di sempre, i più piccoli hanno poche occasioni per raccontarsi. Una di queste, riuscitissima, è “I bambini sanno”, il nuovo documentario dipresentato ieri in anteprima al B.A. Film Festival: uno spaccato illuminante sull’infanzia in Italia raccontata dai diretti interessati, 39 bambini tra gli otto e i tredici anni.
«E’ un’età fondamentale – ha spiegato Veltroni, politico di lungo corso con la passione dichiarata per il cinema – in cui ci si pongono i grandi interrogativi dell’esistenza: la vita, la morte, dio, la famiglia, i sentimenti». Temi sui quali gli adulti, dalla scuola ai genitori, tendono a fornire risposte. Veltroni invece si è limitato a porre domande: «Li ho incontrati nelle loro camerette perché si sentissero a proprio agio e senza la presenza dei genitori perché non fossero condizionati – ha raccontato – poi ho fatto quello che oggi non fa più nessuno: ascoltare, semplicemente».
Il risultato è stato accolto dalla platea dell’istituto Antonioni con applausi, risate e momenti di commozione: c’è la ragazzina che candidamente dichiara di aver avuto storie abbastanza lunghe, «anche un giorno intero» e quella che confessa di continuare a mandare messaggi al telefono del padre, perché solo la mancata risposta l’aiuta a convincersi del fatto che lui ormai non c’è più. Storie diverse, come del resto lo sono gli interlocutori: per età, etnia, religione, estrazione sociale,
storia familiare. Eppure la visione d’insieme restituisce proprio l’idea di ricomposizione delle differenze in qualcosa di unico: «Per loro il colore più bello è l’arcobaleno – ha sunteggiato il regista – le differenze ci sono, ma nessun colore è migliore dell’altro». Ed è in effetti una preziosa lezione di tolleranza sentire questi bimbi confrontarsi su religione, omosessualità, modelli familiari: una lezione che ha stupito il regista stesso, a riprova del fatto che dai più piccoli c’è molto da imparare. Anche nel dramma: stringe il cuore ascoltare il racconto del bimbo arrivato in Italia su un barcone identico a quello affondato due giorni fa nel canale di Sicilia, o del coetaneo che tanto ha aspettato di riabbracciare il padre, militare in missione all’estero o ancora del piccolo eroe che ha sconfitto la leucemia.
Ed è proprio a partire dalle prove, così dure e spietate, che l’infanzia sa porre che Veltroni ha lanciato un appello ai grandi: «Crescere. Viviamo in una società in cui gli adulti fanno di tutto per sembrare bambini e i bambini vengono adultizzati. Essere stati piccoli è bello, continuare ad esserlo a sessant’anni fa solo ridere». Quanto all’attività politica, Veltroni ha commentato così la sua posizione ormai più che defilata: «Per me è finita la stagione degli incarichi e delle responsabilità. Ma la politica non si fa solo con i ruoli ufficiali: i partigiani combattenti non andarono in montagna per diventare consiglieri circoscrizionali, ma perché volevano cambiare il mondo». Un compito, questo, che anche il cinema può concorrere ad assolvere.