La Busto in un bar. I primi cento anni del mitico Tazzinen

Nel “Sirena” si sono intrecciate vite e personaggi. I partigiani, Radio Londra, il tiro al piattello e i vini. Ecco una tradizione bustocca “doc” che continua

BUSTO ARSIZIO – Un secolo di “Tazzinen”, è grande festa al Bar Sirena di corso Italia 76. «Quante storie si intrecciano davanti al bancone di un bar» ammette il sindaco, tra i tanti (anche i consiglieri comunali e ) che ieri sono andati ad omaggiare e la sua famiglia che gestisce lo storico esercizio che ieri ha festeggiato cento anni.

Formalmente è Bar Sirena, ma tutti lo conoscono come “Tazzinen”, nome storico che affonda le proprie radici nel 1915. «L’Ustaia dul Tazzinen – come la ricorda , detto “Ul Pedela”, alias “Ul Tarlisu”, che da nipote di uno dei passati gestori ha fatto una piccola ricostruzione storica di questo secolo di vita del bar – fu fondata da, detto “Campana”, classe 1881, e da , nelle vicinanze di via Varese, poi si trasferì nell’attuale location che allora si chiamava “via

Vespri Siciliani, all’angolo con la strada che porta alla Veronca”, la chiesa della Madonna in Veroncora. Era chiamata “Tazzinen” «perché distribuiva il vino in piccole tazze». In seguito fu gestita da , detto “Pedela”, classe 1903, e da , figlia del fondatore Romeo, classe 1906, fino al 1960, poi ceduta ad un italiano proveniente dall’Australia che emigrò successivamente ancora in Australia.
Un quarto di secolo fa, arriva l’indimenticato , scomparso due anni fa: «È l’artefice di tutto» lo ha ricordato , presenza fissa da quasi vent’anni. Ora a portare avanti l’attività c’è la moglie di Mario, Rita Bellini, insieme ai figli e . Una tradizione bustocca doc che continua. «Grazie ai nostri due figli, un maschio e una femmina, le nostre famiglie “Balzaren” e “Braghena” proseguiranno la loro storia» rivela Davide Carnaghi, insieme alla moglie, che tra l’altro è nipote di quella , vedova Rosanna, che proprio in corso Italia a febbraio ha festeggiato il traguardo dei 105 anni, la più longeva cittadina bustocca.

Ma sono tante le storie che si incrociano in un secolo. «Nel periodo della Resistenza – ricorda Antonio “Pedela” Tosi – “ul Tazzinen” era la sede della cellula “Cucchetti” del Partito Comunista. Qui i partigiani della zona si riunivano per discutere e ascoltare le trasmissioni clandestine di Radio Londra. Allora era anche adibito al deposito di armi, pistole e bombe a mano». , detto “Richin”, uno dei frequentatori storici, racconta: «Vengo qui da quando avevo dieci anni e ho conosciuto tutta la “stirpe” dei gestori. Fuori c’era il giardino per giocare al piattello, prima di bere “tazzi da vin, cunt’a birra e a gazosa”. Qui si radunavano i “fungiatt” e c’era la sede dell’Unione Cacciatori, e la prima gestrice che ho conosciuto era bravissima a fare “a legura (lepre, ndr) in salmì”». E ancora, quella notte in cui la porta che si affaccia sull’incrocio fu sfondata da un camion: «Per fortuna a quell’ora non c’era nessuno dentro al bar». E adesso? Cent’anni di questi caffè.