La favola silenziosa del piccolo Amine

È arrivato a Cunardo dal Marocco nel 2010 ed è sordo, ma oggi a 14 anni può tornare a sorridere. I compagni della scuola “Vaccarossi” e l’intero paese studiano la lingua dei segni per parlare con lui

– Questa è una favola strana, quasi alla rovescia, che sarebbe piaciuta parecchio a un inventore d’incanti come Gianni Rodari. Nel 2010 arriva a Cunardo da Zemamra, in Marocco, con la sua famiglia, composta dai genitori e da due fratelli. Ha undici anni, è sordo, forse per una malattia contratta poco dopo la nascita, e analfabeta. Si fa capire con un “gergo” fatto di gesti comprensibili a fatica soltanto ai suoi familiari, e quando la mamma lo iscrive alla scuola “Vaccarossi” di Cunardo, gli insegnanti decidono di inserirlo in terza elementare, per via dell’età già avanzata, però non c’è modo di comunicare con lui, né Amine può farlo con i compagni.

«A questo punto io e la collega decidiamo di contattare l’Ente nazionale dei sordi di Varese, che ci segnala il corso di apprendimento della Lis, la Lingua dei segni italiana, lo seguiamo per un triennio e ogni fine anno diamo tre esami, produzione, comprensione e cultura sorda», spiega , laureanda in psicologia, dieci anni trascorsi come insegnante elementare e ora collaboratrice esterna – fa parte della cooperativa “Il Fiordaliso” – del comune di Cunardo e della scuola.
«Una volta appresa la lingua, decidiamo di insegnarla ad Amine, ma qui succede una cosa bellissima, anche i suoi compagni di classe la vogliono imparare, quasi fosse un gioco che presto diventa un impegno costante e regala a tutti frutti straordinari», dice Miriam Gant, laurea in Scienze della formazione primaria e un diploma in pianoforte al conservatorio, direttrice di coro e insegnante alla “Vaccarossi” alle elementari e medie.

Oggi Amine ha 14 anni, frequenta la seconda media e comunica normalmente con i 17 suoi compagni di classe, che fanno altrettanto con lui e le due insegnanti, ed è bravissimo in disegno, perché proprio con matite e pennarelli riusciva in passato a comunicare con l’esterno.
A scuola Maria Cristina lo segue otto ore la settimana, e due a casa, dove insegna la Lis anche agli altri familiari: «Othmane, il fratello maggiore, che lavora come il papà,

si occupa moltissimo di Amine, mentre la mamma, analfabeta, sta imparando anche a scrivere l’italiano, e l’ultimo figlio, Nouredine, frequenta a Varese l’istituto tecnico. In estate tornano in Marocco e mostrano a parenti e amici i progressi nello studio, Amine porta con sé perfino i quaderni. Quando arrivò da noi, per comunicare con i compagni faceva loro un ritratto, in modo da memorizzarne i nomi in italiano».
I ragazzi hanno appreso in fretta la complicata simbologia dei gesti e spesso aiutano gli insegnanti con Amine, che a scuola ha scoperto un sacco di cose prima sconosciute, come la gomma per cancellare o il succo di frutta con la cannuccia. L’Istituto comprensivo statale “Tina Rabbi Vaccarossi”, dal nome della benefattrice che donò al comune la residenza di vacanze per farne una scuola, è diretto da quest’anno da, vulcanica preside che a gennaio farà partire, con i contributi per il diritto allo studio, un corso di sensibilizzazione all’uso della Lis aperto a tutti. «Si sono già iscritti il sindaco, , e il farmacista, il paese intero è coinvolto, ma il sogno è di tenere corsi estivi alla vicina Baita del Fondista, aperti agli insegnanti di altre regioni d’Italia», afferma la preside.
Intanto la pianista e organista Miriam Gant, dagli orecchini con la chiave di violino, pensa a una canzone da trasformare nella lingua dei segni ed eseguire con coristi vestiti di nero e in guanti bianchi. Silenzio, parlano le mani.