«La mia Parigi è bella e ti dà un futuro. Il terrore ha perso, i turisti torneranno»

A un mese e mezzo dalla strage, il nostro ex collega varesino Stefano Ungaro ci racconta cos’è cambiato. «Zone a rischio militarizzate, ma dove abito io nulla è cambiato. Meno europei ma vedo tanti asiatici»

«In quale chiesa si possono vedere delle acquasantiere ricavate da conchiglie offerte in dono da Victor Hugo in occasione del battesimo del suo primo figlio?». «Nella chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis». «Quanti sono i nomi di battaglie incisi sull’Arc del Triomphe dell’Étoile?». «Sono centoventotto». «Cosa vogliono rappresentare le due fontane di place de la Concorde?». «Le due fontane di place de la Concorde rappresentano la navigazione fluviale e quella marina. Furono realizzate a imitazione di quelle di piazza San Pietro, a Roma, che però non hanno questa velleità».

Queste sono solo tre delle 450 domande (con altrettante risposte), contenute in un interessante libro di Raymond Queneau intitolato “Conosci Parigi? Tutto quello che devi assolutamente sapere”. Parlando con Stefano Ungaro, nostro ex collega venuto grande a Casbeno e da cinque anni a Parigi, dove insegna Economia, l’impressione è che sappia già tutto della Ville Lumière.

No. Ci sono arrivato con Elisa, che era la mia ragazza e poi ho sposato. È nata nostra figlia Anna, parigina non francese perché in Francia non c’è il “diritto del suolo” (lo “ius soli” indica l’acquisizione della cittadinanza di una nazione come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, ndr). O meglio c’è a partire dai 18 anni.

Lavorandoci e vivendola tutti i giorni, spesso si trascurano le visite ai monumenti che invece vanno a vedere tutti i turisti. In questi giorni di vacanza abbiamo deciso di portare un po’ in giro la nostra piccola Anna. A Natale siamo stati a messa nella chiesa di Notre Dame Natale, poi siamo stati sulla torre Eiffel. Insomma ci siamo goduti alcune bellezze di questa meravigliosa città.

Il cambiamento si nota soprattutto nei luoghi turistici. Per avvicinarsi a Notre Dame serve sottoporsi a una lunga serie di controlli mentre prima ci entravi molto più facilmente. Le zone ritenute a rischio adesso sono militarizzate mentre nelle altre si respira la stessa aria di sempre. Noi abitiamo nella zona di Place d’Italie, nel XIII arrondissement, e tutto è rimasto come prima.

Ne vedo molti asiatici: cinesi o giapponesi. Credo che ce ne siano meno di europei.

Di solito noi italiani passiamo il Natale a casa con le famiglie e Parigi è la meta ideale per il Capodanno. Vedremo nei prossimi giorni ma so già che un amico, che torna adesso in Italia per le vacanze, cederà il suo appartamento a due ragazzi varesini.

Place de la République: è nella zona più viva e parigina della città ed è diventato un luogo simbolo. È lì che si incontrano molti parigini, ed è lì, ai piedi della statua raffigurante la Marianna, che sono stati deposti i fiori dopo gli attentati.

È in linea con la storia della nazione e della repubblica. Il discorso della laicità è molto più datato di quanto si pensi e risale alla rivoluzione. Ma era forte anche nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale: mentre in Italia il fascismo firmava il concordato con la Chiesa cattolica, in Francia socialisti e radicali premevano per la scristianizzazione. Adesso la carta della laicità è uno strumento per la condivisione di valori repubblicani comuni e per la tutela della libertà religiosa di tutti. È un aiuto per gli studenti, preservandone le libere scelte, e per gli insegnanti. A un collega è capitato di vedere in classe una ragazza con il velo: non ha fatto lezione perché in quel momento non era garantita l’uguaglianza di tutti gli studenti. Neppure un ebreo può mettersi la kippah o un cristiano la croce.

La carne. Dai macellai si compra benissimo e sotto Natale era un tripudio di anatre e capponi farciti.

Abbiamo incominciato con piatti francesi: l’escargot e il foie gras. Poi mia moglie ha cucinato un arrosto all’italiana.

Quando sono arrivato a Parigi, cinque anni fa, si trovava solo una marca. Adesso ce ne sono almeno quattro delle più famose vendute in Italia.

Evidentemente ci sono tanti italiani e la richiesta porta prodotti. Stesso discorso per il pandoro: quando siamo arrivati era introvabile e ora invece te lo tirano dietro. Ma poi c’è una moda tutta nuova.

Bisogna stare attenti. Spendere poco e bere bene non è facile in Francia.