«L’arrestato vicino ai Macchi soprattutto dopo l’omicidio»

Parla Daniele Pizzi, il legale della famiglia Macchi che ha dato nuovo impulso alle indagini: «Secondo una perizia calligrafica fu Binda a scrivere quella lettera»

«Tutto ciò che la famiglia Macchi ha atteso per 29 anni era la verità sulla morte di Lidia». Parla Daniele Pizzi, legale dei familiari di Lidia Macchi che da due anni e mezzo sta seguendo il caso e che ha dato nuovo impulso alle indagini portando l’inchiesta a una svolta. Questa mattina Stefano Binda, 47 anni di Brebbia, è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Per il sostituto procuratore di Milano fu lui a uccidere Lidia nel gennaio del 1987.

Per gli inquirenti fu Binda, compagno di liceo di Lidia, e militante di Comunione e Liberazione, movimento di fui faceva parte la stessa Lidia, a scrivere la lettera anonima ritrovata nella borsa della ventenne assassinata 29 anni fa. Ad incastrarlo c’è una perizia calligrafica. Una donna, alla quale Binda anni fa aveva scritto lettere identiche, ha conservato le missive consegnandole alla polizia di Stato. La grafia è la stessa anche se il DNA rilevato sul francobollo affrancato alla lettera non appartiene a Binda. Questa mattina è stato lo stesso Pizzi a dare la notizia dell’arresto alla famiglia Macchi. «Ci sono diversi elementi che sono oggetto d’indagine – dice Pizzi – Siamo fiduciosi che questa rappresenti una svolta». Binda conosceva la famiglia Macchi ed è stato vicino ai familiari di Lidia soprattutto dopo il delitto. Nella sua abitazione a Brebbia è stato trovato il quaderno dal quale è stato strappato il foglio utilizzato per scrivere la lettera indirizzata alla giovane scout. Conservato per 29 anni. Binda, seppure il dettaglio della missiva anonima era emerso subito dopo l’omicidio, non si è mai fatto avanti in quasi 30 anni. E dopo l’arresto ha negato ogni addebito.

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– Omicidio Lidia Macchi, c’è un arresto.
– Il testo della lettera.
– Le parole della madre di Lidia, Paola Macchi.