Lui, lei e l’Antartide «Il nostro amore fatto di scienza»

Quando la passione è in grado di sciogliere anche il ghiaccio più resistente del mondo: ecco la bella storia di Mauro e Nicoletta

Galeotta fu la scienza, ma anche una passione comune, quella per i ghiacci dell’Antartide, terra dalla quale sono tornati, dopo l’ennesima missione di studio. e sono davvero una coppia speciale.

I due studiosi, marito e moglie, sono entrambe docenti all’università dell’Insubria: lui insegna geografia fisica e geomorfologica, lei botanica. E per entrambi l’Antartide è il luogo dove studiare i cambiamenti climatici, ma non solo. Si può dire che i due siano stati letteralmente stregati da questa terra, oggi considerata dalla comunità scientifica un vero e proprio laboratorio grande una volta e mezza il continente europeo.

«È un luogo dove regna un senso di pace assoluta – dicono – Dove o ti senti smarrito oppure ti senti come parte di qualcosa di molto più grande». Il lavoro è frenetico e le condizioni di vita non semplici, con temperature che in media sono di 14 gradi sotto lo zero e che in inverno possono toccare anche i meno quaranta.
La loro prima missione insieme da coniugi? «Nel 2000 – raccontano –

Siamo stati per due mesi e mezzo in tenda, a due ore di elicottero dall’ultima base argentina con altri due studiosi».
Poca corrente elettrica, tanto che era necessario organizzarsi con una ghiacciaia naturale per conservare il cibo, niente telefoni satellitari ma solo una radio per i collegamenti di emergenza e la convivenza con una giapponese e un argentino. «Il luogo – assicurano – era estremamente interessante dal punto di vista scientifico, tanto che ora siamo in attesa di un finanziamento per poterci tornare forse già il prossimo anno o fra due, ma in condizioni molto diverse rispetto a quelle di 15 anni fa».
Difficilmente però ci torneranno insieme, dal momento che da quando è nata la loro bambina, in Antartide ci sono tornati sempre separati.
Con loro l’ateneo dell’Insubria è oggi coinvolto in due progetti distinti: uno fa capo alla base italiana nella Terra Vittoria, in Antartide continentale, e l’altro nelle basi inglesi sull’isola di Signy. «Per me – spiega Guglielmin che ha al suo attivo 16 spedizioni – si tratta di proseguire le attività di monitoraggio del permafrost, monitorando i flussi di anidride carbonica e simulando gli impatti su diversi tipi di vegetazione».

Per la Cannone invece tutta l’attenzione è rivolta a muschi e licheni grazie a un focus portato avanti con i colleghi del British Antartic Survey con l’obiettivo di capire i meccanismi di quiescenza che hanno permesso, in particolare a un determinato tipo di muschio, di tornare a vivere dopo essere stato sepolto 600-800 anni sotto il ghiaccio.
«Siamo riusciti a coltivare questo muschio in laboratorio – spiega la docente – all’interno di particolari camere di crescita. Nell’ultima campagna l’obiettivo anche per noi è stato quello di simulare cosa accade con il prodursi di cambiamenti climatici». Cambiamenti che, nel corso degli ultimi vent’anni, sono andati in una direzione precisa. «Una direzione – spiega Guglielmin – che per motivi differenti e con differenti dinamiche vede aumentare la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera».
Conclusioni che non fanno venire meno la voglia dei due di continuare a fare ricerca. «Abbiamo trovato liquidi con batteri e altri organismi sotto la superficie di laghi ghiacciati – spiegano – che devono ancora essere analizzati». E chissà che da ciò non arrivino nuove scoperte e non si aprano, perché no, anche nuovi filoni di ricerca.