Mancano i soldi per andare avanti La scuola chiede aiuto ai genitori

La scuola pubblica è sempre più in difficoltà, e dove non può arrivare l’istituto o l’ente pubblico proprietario dell’immobile, sempre più spesso sono i genitori ad intervenire, sacrificando soldi e tempo alla manutenzione delle strutture, o per l’acquisto di apparecchiature necessarie al buon funzionamento dell’istituto.

Una situazione che tocca, in modi diversi, tutta la città di Varese, immersa in una realtà italiana che vede la scuola pubblica lottare con le unghie e con i denti per riuscire a fare le «nozze con i fichi secchi», offrendo cioè qualità didattica e formativa con risorse finanziarie in continua diminuzione.

Così, se le famiglie varesine sono ormai abituate a ritrovarsi i fazzoletti di carta nell’elenco del materiale didattico per l’inizio dell’anno scolastico, o addirittura una risma di carta per fotocopie come parte integrante del contributo obbligatorio, è vero anche che ormai non bastano più nemmeno questi stratagemmi per fare fronte ai bisogni non strettamente quotidiani che ogni scuola, soprattutto gli istituti comprensivi, si ritrova a dover affrontare ogni anno.

Un esempio su tutti: l’Istituto Comprensivo Varese 5, che fa capo alla storica scuola media Dante, si ritrova con poco più di centomila euro da dividere su sei istituti. Una situazione che ha portato, negli anni, ad un contributo sempre più crescente da parte dei genitori. «L’aula di informatica della Fermi – racconta , presidente dell’associazione genitori del plesso di Bobbiate – è stata costruita interamente con il nostro contributo. Abbiamo comprato i pc e il resto delle attrezzature, e alcuni di noi hanno prestato la propria professionalità per installare e rendere funzionante il tutto».

«Il contributo dei genitori è necessario – dice , preside dell’istituto comprensivo Varese 3, la Vidoletti di Masnago e dintorni – la scuola pubblica vive del lavoro di squadra tra noi e le famiglie». Così alcune delle Lim e dei pc necessari all’informatizzazione incoraggiata dal Miur sono stati acquistati grazie al contributo dei genitori.

Ma non tutti i quartieri sono uguali. Lo sa bene , da poco più di un anno dirigente alla don Rimoldi, l’istituto comprensivo Varese1 che comprende elementari e medie di San Fermo, Belforte e Biumo Inferiore, alcuni dei quartieri più problematici della città. «La scarsità di risorse colpisce più gli istituti comprensivi rispetto alle secondarie di secondo grado, dove spesso esistono progetti ministeriali pensati appositamente, come è stato Generazione Web, che ha fornito tablet e pc agli studenti. Noi dobbiamo arrangiarci, ma se si alza la percentuale di famiglie in difficoltà economiche, allora diventa difficile chiedere qualcosa in più dello stretto indispensabile».

Perché nei suoi nove plessi, racconta la professoressa, spesso è difficile anche ottenere il contributo obbligatorio di 10 euro: «So che per molti tra i nostri genitori è una cifra che può davvero fare la differenza. Ma è anche una questione di corresponsabilità educativa: non è vero che “pagando le tasse, lo Stato mi deve tutto”. La scuola è un momento importante per il proprio figlio, essere capaci di fare sacrifici per rendere migliore il percorso scolastico è un momento importante». Importante, ma anche necessario, per mantenere alta la qualità della formazione dei ragazzi.

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