Mancuso spiega la sensibilità delle piante. «Sono un sognatore, proprio come Furia»

Lunedì sera la lectio magistralis a Varese del vincitore del Premio Ecologia, davanti ad un Salone Estense incantato

– Una personalità travolgente: il degno erede di , il ricercatore , lunedì sera in un Salone Estense letteralmente gremito ha monopolizzato l’attenzione per una buona mezz’ora, con una lectio magistralis difficile da dimenticare. Una splendida idea, quella di assegnargli il ripristinato Premio Ecologia Città di Varese, che da quest’anno si è voluto intitolare alla memoria di Furia.

«Non lo conoscevo – ha esordito un poco timidamente il giovane professore, ordinario all’Università di Firenze e presso l’Accademia dei Georgofili – ma era una persona, a quanto ho appreso, che avrei sicuramente amato, forse perché era di origini siciliane come me, ma anche per l’amore per la divulgazione che lo ha contraddistinto, amore che per troppi anni è stato visto come un punto debole nell’attività di uno scienziato, in Italia».

Classe 1971, Mancuso è il fondatore della neurobiologia vegetale e dirige il Laboratorio fiorentino che porta il nome della disciplina da lui promossa nel mondo, e che possiede sedi anche a Parigi, Bonn, e pure in Cina e in Giappone: eppure quando spiega, incanta l’uditorio con spiegazioni alla portata di tutti.

«Il laboratorio che dirigo studia le piante dal punto di vista degli esseri cognitivi: è un’altra cosa visionaria che mi accomuna a Salvatore Furia, perché in origine fu proprio come fu per lui, il sogno di un visionario. Oggi, grazie a quei sogni, sappiamo che le piante hanno una sensibilità molto più sofisticata degli animali, e questo per un motivo banale: sono radicate e non possono andarsene in giro, così hanno un’unica possibilità, quella di resistere. Le piante sentono almeno 15 parametri fisici e chimici e sono anche in grado di imparare e risolvere problemi: questo perché hanno memoria».

Tre anni fa la sensazionale scoperta proprio nel laboratorio di Mancuso: le piante riescono a conservare le informazioni per tempi lunghissimi, anche sessanta giorni.

«Qual è il fascino di questa scoperta? Le piante sono in grado di utilizzare un vocabolario ampio scambiandosi informazioni fra di loro su diverse materie, su cose che riguardano l’ambiente che le circondano, se ci sono attacchi di insetti, o di patogeni, e comunicano fra di loro a diversi livelli con un linguaggio particolare e diverso se si rivolgono ai loro parenti o a specie diverse: hanno pure relazioni sociali, cure parentali». Un poeta della scienza e della natura come fu Furia: riecheggiano, nelle sue parole, le immagini fantastiche del Segreto del Bosco Vecchio di , dove gli alberi hanno un’anima, sono spiriti che incarnano il luogo di cui si pongono a tutela.

«Il problema è che le piante non sono percepite come esseri viventi: ma lo sono. Il 98% della biomassa terrestre è costituito da vegetali: gli uomini e gli animali sono una piccolissima parte rispetto a tutto ciò che vive. E per riuscire a capire una forma di vita così complessa e diversa dalla nostra ci vuole molta fantasia: il mio mestiere».

Un uomo pieno di estro, lo scrittore del best-seller “Verde Brillante” (2013) tradotto in 21 lingue; il New Yorker lo ha incluso tra i “world changers”, coloro che cambieranno il mondo: un uomo che, nel leggere la targa dell’albero che gli è stato intitolato ai Giardini Estensi per ricordare l’assegnazione del premio, si commuove.

Un idealista come fu Furia, di cui , presidente della Società Schiaparelli, giustamente ha ricordato l’entusiasmo e la positività, soprattutto nello spronare i giovani: «Ha insegnato a chi lo ha conosciuto a sognare e soprattutto a lottare per i propri sogni, e ne abbiamo ancora tanti nel cassetto che aspettano di essere realizzati con il contributo di tanti appassionati che possono e vogliano aiutarci».

Una serata davvero intensa, aperta dai saluti del sindaco , di e del rettore dell’Insubria , omaggiata dai canti degli alpini cari al “Prof.” guidati dalla memoria storica , e culminata nell’assegnazione del premio.

E a tutti i numerosi presenti, un omaggio prezioso: un esemplare di faggio giovanissimo che potrà essere piantato nel giardino di casa, in un parco pubblico, o donato agli Uffici del Verde perché fra vent’anni sorga un bosco: il bosco di Salvatore Furia, e anche un po’ del suo discepolo Daniele Zanzi.