Marinella e un amore che rivive nelle note

Marinella Milani, la nota soprano varesina, da qualche anno a causa di drammatiche vicissitudini familiari è lontana dalle scene. Prima la morte della madre, nel 2001, poi la lunga malattia del marito e la repentina tragedia l’hanno annichilita nel dolore. Ma questa donna straordinaria, rimasta vedova a febbraio, vinto lo smarrimento iniziale sta iniziando un nuovo cammino e forza il comprensibile pudore per regalarci un messaggio di speranza nel giorno di Pasqua, che cade a ventisette anni esatti dagli istanti in cui diventava una sposa.

Marinella, bella e appassionata quindicenne, inizia a studiare canto lirico con Anna Maria Castiglioni. Nessun musicista in famiglia, però la mamma è pittrice e ama le note, proprio come la nonna; così la piccola a nove anni ha le manine sul pianoforte.

Si diploma in canto al Verdi di Milano, dove si specializza in liederistica, un genere in cui la sua voce da soprano lirico leggero rivela tutta la sua grazia: famosi sono la sua tecnica pulita e perfetta e i virtuosismi cristallini e ariosi.

La cantante che sorride inizia a lavorare nel coro della Rai già da studentessa, e a Torino vince il suo primo concorso diventando titolare. È in quel periodo di stagioni sinfoniche nella città sabauda e di trasferte in teatro che, a venticinque anni, conosce il futuro marito, Massimo Pella, una delle figure più carismatiche del mondo dell’artigianato varesino.

Marinella e Massimo si sposano il 20 aprile 1987; la giovane, per amore, si trasferisce nuovamente a Milano. Lasciata la Rai dopo la chiusura della sezione di musica classica, nel ’93 inizia a lavorare all’Istituto Monteverdi di Induno, dove tuttora insegna.Il loro amore esordisce in maniera singolare, catalizzato dalle ragioni della voce, di fondamentale importanza nella vicenda. Si conoscono a casa di amici. Massimo, uomo di immensa cultura, presidente degli amici della lirica, invita la fresca promessa del canto ad un concerto. Lei glissa ma lo chiama al telefono per ringraziare: il timbro di Massimo fa breccia nel suo cuore.

È il suo primo amore, nonostante sia molto corteggiata. I due sono lontani: nei primi tempi si scambiano lunghissime telefonate che alimentano una passione travolgente. Per l’unico compleanno da fidanzata – convolano dopo dieci mesi di frequentazione – Marinella riceve un fascio di fiori da parte di “un ammiratore telefonico”. Personalità eclettica, Massimo ha una predisposizione non solo per le scienze, la storia e le arti – «di musica ne sapeva molto più di me» confessa Marinella – ma anche per la scrittura.

La loro storia è impreziosita da biglietti e lettere. «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”…» è il motto dantesco che Massimo fa proprio, offrendo il suo sapere agli altri senza mai saccenza o prosopopea. Ma quello che per venti stagioni è il direttore artistico dei concerti di Villa Cagnola, undici anni fa si ammala gravemente: inizia il calvario della coppia. «Io ci sono sempre e ti aspetterò sempre» scrive alla sua sposa, che lo assiste costantemente, abnegandosi in lui.

Ora il tormento di non averlo più accanto è atroce. Ma a distanza di due mesi il lutto è sublimato nella cifra del loro amore: il sacrificio reciproco e la liberazione delle anime nel canto della vita.

Un canto all’unisono che rimane tale anche dopo la morte. Marinella, per il funerale, chiama don Pino Tagliaferri, che celebrò le loro nozze nella chiesa di Biumo: Massimo lo ha pregato di confortare la sua amata quando lui non sarà più. La chiesa, nel giorno di San Valentino, è addobbata a festa, fiorita di gerbere come nel giorno più bello.

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