Promessa mantenuta Così sfido il terrore

Il nostro Francesco Caielli ha mantenuto la promessa che aveva fatto dopo l’attentato in Tunisia contro i turisti in spiaggia: ha vinto la paura ed è là in vacanza con la sua famiglia. Ecco come è cambiato il paese dopo l’attacco terroristico

Kamir e il suo dromedario Asil sono seduti in disparte in un angolo della spiaggia, senza nemmeno preoccuparsi di nascondere la loro tristezza. Aspettano lì: qualche turista, qualche famiglia, qualcuno che per cinque dinari accetti di farsi un giretto sulla gobba di Asil fingendo che la sabbia di El Haouaria sia quella del Sahara.
Ma di turisti, dice, ce ne sono ben pochi: «Io di solito sto giù al sud, accompagno la gente nel deserto vero e la faccio dormire in tenda: fino all’anno

scorso c’era sempre gente – tedeschi, inglesi, americani – ma quest’anno non c’è nessuno. E sono dovuto venire qui, al nord, sperando nel turismo da spiaggia. Ma è dura».
Nella tristezza di Asil, uno splendido animale abituato agli spazi del Sahara e confinato in una spiaggia, c’è la tristezza di una Tunisia ferita a morte.
Gli attacchi dell’Isis hanno fatto male, colpendo esattamente là dove volevano colpire: nella spina dorsale di un paese che vive di turismo, e che grazie al turismo stava cercando di dare un senso alla sua rivoluzione e alla sua voglia di democrazia. Qualche mese fa, nelle ore immediatamente successive all’attentato di Sousse, chi scrive aveva in mano quattro biglietti aerei con destinazione Tunisi – per sé e per la sua famiglia, una moglie e due bimbe di quattro e due anni – e tanti dubbi sull’opportunità di partire o lasciar perdere e darla vinta ai bastardi del terrore. Chi scrive, ora, sta scrivendo dal terrazzo di una casa di El Haouaria (un mare di cristallo da far invidia alla Sardegna, fidatevi): quindi ha deciso di partire. Un po’ perché convinto che nulla sarebbe successo (vivaddio, l’alternativa sarebbe chiudersi in casa) e un po’ perché spinto dalla curiosità di capire e vedere com’era cambiata la Tunisia dopo gli attacchi terroristici. E, come sempre, dall’insostenibile voglia di raccontare. Dunque, eccoci qui.
Che qualcosa sia cambiato lo si capisce subito, al gate di Malpensa: il volo per Tunisair è semivuoto. Mai successo, in anni di viaggi. Questo significa che i turisti sono scappati a gambe levate, ma non solo: perché quel volo di solito è pieno di industriali, imprenditori, gente che in Tunisia ci lavora da anni. L’aeroporto di Tunisi non è diverso dal solito: solo, un po’ meno incasinato. Usciti dal terminal, oltre che dalla consueta ondata di caldo africano, si viene investiti dalla sensazione di essere in un paese cambiato in peggio. Prima bisognava fare a pugni per un carrello dove mettere le valigie, ora ci sono più carrelli che passeggeri. Prima i taxi venivano presi d’assalto, ora c’è una fila di macchine gialle a disposizione. Piccoli segnali che però dicono molto, che parlano di un paese in difficoltà, colpito duro e quindi più debole e con il fianco inesorabilmente scoperto. Il disegno dei professionisti del terrore, il loro sogno malato, è fin troppo chiaro nel suo delirio: un Grande Califfato del Maghreb che si estende dalla Libia fino all’Algeria e, appunto, alla Tunisia. Una minaccia devastante sull’Italia (dalla finestra, in questa serata limpida e meravigliosa, si vedono le luci di Pantelleria) e su tutti i paesi europei.
Le spiagge semivuote, i resort di Sousse e quelli di Djerba deserti, le zone del Sahara abbandonate, i ristoranti e gli alberghi bui: parlano di un paese che sanguina ma parlano anche di un punto fondamentale segnato dall’Isis nella sua folle guerra. Occorre rispondere, e occorre farlo quanto prima. Come? Con le armi che abbiamo. Andando in Tunisia, per esempio: per parlare con la gente e, perché no, scoprire un Islam diverso. Che non va sui giornali e non va in tv. Quello di Abir, per esempio, donna fiera del suo essere musulmana che gira solo a con il volto coperto per scelta. E che quando la più piccola delle bimbe di chi scrive ha avuto il mal di pancia e stava male ha preso la sua macchina e l’ha portata dal medico e poi a prendere le medicine anche se ci aveva conosciuto la sera prima. Altro che guerra agli infedeli.