«Quando non ci si ferma dinanzi al dolore»

Riceviamo e pubblichiamo le parole di Fabio Cappai, testimone della tragica morte del giovane investito venerdì dal treno ad Albizzate

Carissimi,

venerdì sera ho perso il treno delle 18,13 che da Varese mi porta a Gallarate. Mea culpa questa volta, ‪#‎trenord‬ era in orario perfetto.
Ho sostato quindi su una gelida panchina attendendo l’arrivo del prossimo treno: il 18,36 in ritardo sulla tabella di marcia di 10 minuti.
No, non sono qui a lamentarmi – come al mio solito – dell’ennesimo ritardo, ma per urlare la mia testimonianza su quanto tragicamente ho avuto modo di assistere.


Sono rimasto a dir poco sconvolto dal tragico evento a cui ho a malincuore partecipato e che mi ha visto assistere all’infrangersi di una giovane vita sotto le rotaie di un treno che correva nell’ormai buio e freddo della sera.
Assorto nei miei pensieri, appena oltrepassata la stazione di Albizzate, un rumore che non si può descrivere – ma che porterò a lungo dentro di me – mi ha fatto solbazzare l’anima. D’istinto ho pensato che fosse accaduto qualcosa di grave, ma poi, sul rallentare del treno, ho voluto pensare, e sperare, che quel rumore fosse opera di qualche scellerato che aveva apposto qualche oggetto sui binari.
Il treno gradatamente si è fermato e la notte ha preso il sopravvento. Poi la doccia fredda. Il sordo rumore che avevamo udito pareva essere il frutto del peggiore dei nostri, o meglio dei miei, pensieri: una vita si era conclusa con un tragico gesto. Un anima aveva deciso in quell’istante di fermare quella corsa che quotidianamente ci pervade e che chiamiamo vita, sotto la mia ed altrui impotenza.

Tutto si è fermato, in quel preciso istante. Treno compreso. Tutto si è fermato, compresa una vita. Tutto si è fermato, tranne quello che penso sia frutto dell’assuefazione mentale a cui quotianamente siamo sottoposti.
Non c’è quindi più spazio per i sentimenti, non c’è più spazio per la paura, non c’è più spazio per il dolore. Se non per quel nano secondo che ci fa correre l’adrenalina in corpo. Tutto corre freneticamente, tanto da non riuscire a fermare la nostra mente neppure dinnanzi alla morte.
È così, dopo poco, il chiacchiericcio è divenuto sempre più persistente e fastidioso. Le parole non si sono fatte labili neppure a fronte di tanto. Anzi, minuto dopo minuto, tutto pareva fare spazio alla solita normalità. E così quel silezio ha fatto spazio alla solita corsa. Lo smarrimento iniziale è subito svanito per far posto ai disagi personali… E così, c’è chi con l’andar del tempo si lamentava di aver fame, chi sete, chi avvertiva il desiderio di dover fumare…
Insomma dei veri disagi ha provocato questo gesto in quelli che mi circondavano. Neppure le sirene delle forze dell’ordine o degli operatori del pronto soccorso e neppure le luci sui binari dei vigili del fuoco che freneticamente cercavano il corpo di quella fragile vita ha distolto le loro menti dalla fretta quotidiana del dover arrivare chissà dove.
Ancora una volta il proprio Ego ha preso il sopravvento sul proprio Io, tanto che neppure questo tragico evento è riuscito a far fermare le menti lanciate a folle corsa lungo i binari dell’indifferenza e del proprio egoismo.
Ora riposa in pace povera anima spezzata e, forse, era proprio di questa folle corsa e di quelle menti che ti volevi liberare. Ma come puoi dall’alto vedere, alcuni non hanno tempo per fermarsi a riflettere neppure toccando con mano la fragilità della vita.

E la mia impotenza può trasformarsi solo in preghiera.

Fabio Cappai