«Quei resti sveleranno il mistero di S. Ambrogio?»

C’è fermento tra gli studiosi locali riguardo ai ritrovamenti nella Cripta del santuario di Santa Maria del Monte. Di certo la notizia che possano essere reperti di importanza eccezionale per la storia della cristianità è di quelle che lasciano senza fiato.

La storica dell’arte , in particolare, si dichiara in trepida attesa dei risultati dei sopralluoghi della Soprintendenza per i Beni Culturali.

La professoressa Viotto, che in giugno ha curato assieme al liceo del Sacro Monte la mostra “Alle radici di una presenza” nella Chiesa di Biumo Inferiore, è una delle massime esperte della storia del cristianesimo locale e della storia della montagna sacra.

«Non so di preciso cosa possa essere stato ritrovato; di sicuro da tempo circolavano voci su reperti di grandissima antichità custoditi nella cripta».

Un’iscrizione, una lapide, un affresco, qualche reperto sicuramente databile all’alto medioevo, o addirittura un sarcofago: il mistero è fitto attorno a qualcosa che da indiscrezioni pare non possa essere trasportato al di fuori del luogo stesso del ritrovamento; forse, accanto ai graffiti lasciati dai pellegrini – segni tardi e invasivi di devozione popolare – proprio sugli affreschi del Trecento, di autore tuttora ignoto.

«Per esprimerci dobbiamo attendere i risultati: certamente, potrebbe essere l’occasione tanto attesa per verificare o meno l’attendibilità della tradizione che ricollega il Sacro Monte ad Ambrogio». Secondo la leggenda, nel 389 il vescovo di Milano avrebbe fondato il primo luogo di culto cristiano sul monte Orona di Velate per rimarcare la vittoria sugli ariani, ponendovi un primo altare scavato nella roccia e una statua dedicata alla Madonna – scolpita, a quanto si racconta, da san Luca – e celebrandovi la prima Messa.

La cripta, situata sotto l’attuale presbiterio, è la parte più antica del santuario preesistente ed è ricavata parzialmente nel cuore della montagna.

Poco distante, la Torre cosiddetta degli Ariani, una costruzione romana oggi all’interno del Monastero delle Romite Ambrosiane. «Sicuramente una leggenda così radicata nasconde un qualche indizio di verità» è l’opinione di .

La tradizione per cui il grande santo milanese avrebbe fondato il primigenio santuario è documentata a partire dalla fine del 1400: da lì in poi si leggono tantissime testimonianze a favore di quest’affascinante ipotesi.

«È probabile – conferma la professoressa – che la documentazione si basi su una tradizione orale di gran lunga preesistente e giunta fortissima fino ai giorni nostri». Di fatto il primo documento in cui si parli di una chiesa dedicata alla Vergine Maria sul monte Orona è una pergamena del 922, il cosiddetto Testamento di Morosolo: ad essa un certo Adalberto donò alcune sue terre. La chiesa romanica preesistente a quella attuale, quella di cui la cripta dei misteri sarebbe l’abside, è invece fatta risalire dagli studiosi al secolo successivo: di essa rimangono poche tracce, fra cui parte della facciata e la famosa statua in pietra della Vergine con il Bambino, attribuita a Domenico e Lanfranco da Ligurno.

E fino ad oggi la più antica traccia paleocristiana nella zona era l’epigrafe di Honorata, “honesta femina” (donna di nobili natali) morta nel 465, conservata un tempo presso San Cassiano a Velate e oggi perduta.

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