Truffe sul web a Varese In trecento ci sono cascati

Sono 312 le truffe online denunciate in provincia di Varese negli ultimi 12 mesi: una media di tre varesini al mese gabbati attraverso la rete.

E il trend è in aumento come dimostrano i bilanci di attività di carabinieri, polizia di Stato e guardia di finanza: i dati fanno segnare un più 23% rispetto allo stesso arco temporale di un anno fa. Le vittime hanno tra i 25 e 50 anni, fascia d’età in cui si utilizza maggiormente internet, e sono nel 60% dei casi uomini.

Due i grandi filoni di truffa telematica. Il primo, e più diffuso, parliamo dell’80% dei casi riguarda vendite fasulle di prodotti.

Molto semplicemente il truffatore mette in rete l’offerta di un prodotto sui siti specializzati che non hanno alcuna responsabilità sancita dalle norme in caso di truffa: non vige l’obbligo di un controllo da parte del gestore del sito sulla serietà di chi pubblica gli annunci.

I prodotti spaziano in ogni direzione: negli ultimi 12 mesi ci si è specializzati su oggetti high tech in particolare smartphone, tablet e navigatori per auto. Strumenti che in tanti utilizzano per lavoro e che hanno prezzi ancora poco accessibili: la caccia all’usato sicuro, quindi, è praticata da molti.

Non mancano però altri tipi di prodotti: orologi, accessori per auto e scooter, capi di abbigliamento e persino pezzi di ricambio per auto.

Tre settimane fa è arrivata in procura a Varese la denuncia di un cittadino truffato per aver comprato via internet il cofano di una macchina e per non aver mai ricevuto quanto pagato: mille euro il prezzo pattuito. Il sistema è molto semplice: il venditore viene contattato dall’aspirante acquirente, i due concordano prezzo e modalità di pagamento, poi l’acquirente di solito versa un anticipo.

In genere l’acconto richiesto oscilla tra il 20 e il 40% della cifra complessiva. Chi compra paga, quindi non riceve più nulla. E rintracciare i venditori è complesso: chi truffa, infatti, cerca di rendersi irreperibile.

La base è fornire un nome fasullo, i pagamenti vengono nella maggior parte dei casi eseguiti con bollettino postali intestati al nominativo inesistente fornito dal truffatore. Il quale incassa l’acconto e sparisce nel nulla.

Quando la vittima realizza sono passate dalle due alle quattro settimane: a quel punto i numeri di cellulare forniti risultano disattivati, gli indirizzi e mail cancellati, e rintracciare chi ha messo a segno il colpo diventa come cercare un ago in un pagliaio: anche perché i siti tutelano la privacy degli utenti.

Il tempo passa e il truffatore ha già cambiato identità e nel 90% dei casi anche tipologia di esca passando dall’high tech al vestiario. Infine c’è il famigerato phishing, truffa sofisticata attraverso la quale l’aggressore tenta di carpire alla vittima informazioni sensibili.

Nel mirino di questi pirati, la criminalità romena in particolare si sarebbe specializzata in questo tipo di truffe, finiscono non soltanto dati bancari, carpiti con finte mail inviate a nome del proprio istituto di credito, ma anche i dati di identità dei malcapitati. Un vero furto di identità personali che vengono poi utilizzate per accendere finanziamenti e leasing a nome delle ignare vittime.

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