Ultimo viaggio in tram L’amore in carrozza

Il 28 febbraio del ’55 addio alla Varese-Luino: la fine di un’epoca. Sui binari tra Valganna e Prima Cappella batteva forte il cuore

– A volte basta una fotografia per raccontare la fine di un’epoca felice, in cui viaggiare dalle nostre parti era anche un piacere per lo spirito, e l’“andamento lento” delle candide vetturette faceva sognare a occhi aperti.
È uno scatto in bianco e nero, realizzato il 28 febbraio 1955, lungo la linea tramviaria Varese-Luino, la più pittoresca, grazie all’attraversamento delle Grotte di Valganna, lo sferragliare lungo i laghi di Ganna e Ghirla, la discesa accanto alla Margorabbia e la rupestre Grantorella, e la strada di Creva, cara a Vittorio Sereni, fino a Luino.
Nella parte destra dell’immagine sta la motrice del treno, con il manovratore, il bigliettaio e il frenatore, i pantografi ancora collegati alla linea elettrica, e a sinistra il suo futuro, il piccolo autobus numero 4, con le porte a soffietto e il suo autista, inconsapevole rivoluzionario che ci avrebbe condannato all’inferno del traffico su gomma.

Il tram in Valganna

Il tram in Valganna

(Foto by Mario Chiodetti)

Sessant’anni fa la tramvia Varese-Luino cessava le sue funzioni, dopo 52 di viaggi, ultima rimasta ancora attiva dopo che nel 1940 era stata chiusa la linea Varese-Angera, nel ’48 la Ponte Tresa-Cremenaga-Luino, nel ’50 la Varese-Bizzozero-Bobbiate e la Varese-Belforte, nel ’53 la Varese-Prima Cappella, anno sciagurato in cui crollò sotto il piccone anche il Teatro Sociale.
Con le vecchie tramvie moriva la Varese turistica della Belle époque, quella progettata per la villeggiatura e lo svago,

dei grandi alberghi e delle vacanze ai laghi, delle ville liberty dei ricchi milanesi alle pendici di Campo dei Fiori. Se ne andava la poesia del viaggiare, quel po’ di avventura casereccia amata dalle belle signore in toeletta quando il tram si avventurava in galleria, la sosta al fresco della Valganna, «il concorso numerosissimo di pubblico alle Grotte, alla Fontana degli Ammalati, alla Birraria, che si trovano all’imbocco della valle», come si leggeva in un opuscolo pubblicitario dell’epoca.

Sul tram Varese-Luino il giovane Piero Chiara maturò la passione per Caterina, protagonista del romanzo “Una spina nel cuore”, i primi approcci tentati «sulle carrozze tramviarie nella rimessa».
Gli stessi vagoni furono anche teatro della “fuga d’amore” del tenore Adamo Chiappini con la figlia di un barbiere siciliano, descritta nello splendido racconto “O soffio dell’april”. «Arrivò il tram del ritorno e vi prendemmo posto lontani dalle due fanciulle, nell’ultimo scompartimento della carrozza di coda, lasciandoci sballottare in silenzio fino alle gole della Valfredda dalle quali il tram si gettò sferragliando verso la città, quasi gli urgesse di metter fine a una memorabile giornata».
Come scrive Maurizio Miozzi nel bel volume “Le tramvie del Varesotto”, edito da Pietro Macchione, «tra le strade ferrate varesine la Varese-Luino era, a livello paesaggistico e storico una tra le più suggestive tanto da potersi, a buon merito, considerare di carattere turistico. Non c’è centro che non conservi emergenze storiche e ambientali: chiese, mulini, magli, laghi, grotte, fiumi accompagnavano i viaggiatori».

Un passaggio di consegne. L’ultimo della tratta Varese-Luino, lascia il posto all’autobus

Un passaggio di consegne. L’ultimo della tratta Varese-Luino, lascia il posto all’autobus

(Foto by Mario Chiodetti)

Un testimone diretto, Ricciotti Bornia, nel suo “Quando a Varese c’erano i tram”, ricorda che «quello che arrancando, si spingeva fino ad Angera era verde come un ramarro, grande come un treno, lento come una lumaca. Il suo fratello di Luino e Ponte Tresa, per via dei molti rimorchi agganciati alla motrice (faceva, infatti, anche servizio merci), veniva chiamato dai varesini il “Simplon Orient Express”».
Alla linea di Angera anche Speri Della Chiesa Jemoli dedicò un sonetto, ma il suo capolavoro è “Il tram elettrico”, uno degli episodi più esilaranti de “I nostri buoni villici”, con Pasqual, Togna e Nacletto, in attesa del tram per la Prima Cappella (nella foto in alto) , esterrefatti davanti al progresso: «A spécciom or… viamento… quel ropp ch’han inventaa par nà senza cavaj…», e di rimando il più erudito Zachiell tenta una spiegazione scientifica: «Ahn, vedi: or “Tramaletto”? (…) gh’han ra “motricia” par fa girà i aspitt con tutt on diavoleri da roeud e bordionitt».

La fermata davanti ai Giardini Estensi

La fermata davanti ai Giardini Estensi

(Foto by Mario Chiodetti)

Ma vogliamo arricchire questo piccolo omaggio alle vecchie tramvie con i versi di una delle più belle poesie di Nino Cimasoni, musicata dal maestro Lombardi per il Gruppo folkloristico Bosino, perché in poche righe ci restituisce l’atmosfera semplice e intensa de “ra moda del noeuvcent”, quella che portò la rivoluzione dei trasporti anche nella nostra città.
Sono dedicati al “tram di Robarello” che, inaugurato nell’agosto 1895, aveva una fermata cittadina in piazza del Cappello (oggi piazza Beccaria) e proseguiva fino alla Prima Cappella, ma per i varesini rimase, fino all’ultima corsa, il 31 agosto 1953, sempre legato alla località a un passo da Sant’Ambrogio.
«L’éra el tèmp del farfalin/ la paieta… el bastonscel,/ l’éra el tèmp che te spètavi/ su la piaza del Capell!/ Sèmper là, a quél finestrin/ duu ogioni… un capèlin/ sola lée… e el frénador:/ l’era el tram del nost amor!/ El tram de Robarèl come ‘l filava/ come ‘l filava, come ‘l filava/ el tram de Robarèl… ai dés de séra!/ come ‘l filava el zifolava».