Una Scampia varesina Aiutiamo la polizia

I poliziotti aggrediti, messi all’angolo, sfottuti e picchiati: non è questo lo stato che vogliamo. EDITORIALE

Uno Stato che lascia i suoi servitori nudi è uno Stato che ha perso. È uno Stato che ha paura, è un non-Stato che si barcamena tra poltrone e polemiche. Chiamiamola politica, chiamiamoli interessi. La parola istituzione può essere bandita, serenamente. Tutto bene. Non fosse per lo scotto che ai cittadini di questo non-Stato tocca pagare.
Prendiamo via Medaglie d’Oro. I poliziotti sfottuti, aggrediti, picchiati, messi all’angolo, senza mezzi. Guerriglia per consentire a un pregiudicato di fuggire.

Non sembra Varese, pare Scampia (non c’è razzismo, è solo che Scampia è uno dei simboli dell’italico degrado civico e civile nel mondo. È un fatto). Una città nella città, dove alla legalità si sbarra la strada, dove ai servitori dello Stato è vietato entrare. Vengono cacciati via, da chi, evidentemente, ha cambiato le regole e ha detto: qui comando io. A modo mio. È un non-Stato fisico a Varese, a due passi dal centro, ha dei confini precisi, quelli delle viuzze intorno alle stazioni ferroviarie.
I sindacati di polizia, ancora una volta, cercano di spiegare: rischiamo la vita per 1.300 euro al mese, continuano a tagliare, ci tolgono mezzi e dignità. A lungo, gli stessi sindacati, si sono rivolti allo Stato. Lo hanno fatto anche oggi. Spiegando, ad esempio, che non hanno vie di mezzo. Attualmente per difendersi le forze di polizia dispongono delle mani nude o di una pistola. Solo che se sparano agli odiati (dai cittadini tutti) delinquenti, poi, arrivano i cortei che li chiamano assassini. E siccome a questi cortei lo Stato non risponde mai con una posizione precisa, lasciando i suoi servitori in balia della piazza che poi vota, s’è ingenerato un certo timore.
Da una parte, quello dei tutori dell’ordine, nel reagire a un’aggressione. E una certa spavalderia da un’altra parte, non propriamente quella dei criminali ma diremmo più quella dei bulli e dei furbetti, nell’approfittare di questa situazione. Non tanto per delinquere, ma per dileggiare quello Stato pauroso che vive anche del loro consenso. E allora accade che in piazza Repubblica, sabato scorso, la polizia di Stato intervenga per sedare la solita rissa tra ubriachi (quelle che ai varesini fanno tanto degrado) e che una ragazzina di 16 anni, varesinissima, dalle gradinate inizia a gridare «sbirri di merda». La ragazzina viene identificata, non è una dimostrazione di forza bruta si fa proprio così nel mondo in questi casi, e la ribelle altro non trova di meglio da fare che dire alla madre che è stata picchiata dai poliziotti. Pare una moda, ormai. Una moda che funziona se si trova la sponda politica giusta, tra l’altro. E mamma furibonda piomba in questura a chiedere soddisfazione per questa figlia brutalizzata. Sino a quando non le viene spiegato che piazza Repubblica è monitorata da telecamere e che di quello che era davvero successo c’erano filmati completi in tecnicolor. La donna a quel punto rinnova la sua fiducia nelle istituzioni e spiega che in fondo «si sa come sono i ragazzi». Ed è questa sciatteria nell’essere cittadini che ogni giorno regala qualche centimetro in più a quel non-Stato in via Medaglie d’Oro.