Con l’Islam dialogo impossibile Anche per colpa nostra

L’intervista a Massimo Campanini, orientalista e studioso delle culture islamiche

Appuntamento improntato all’attualità (la più scottante e densa di interrogativi), domani, alle 18, nella sala incontri dell’Accademia Aldo Galli di Como. Per una nuova tappa di avvicinamento a Parolario, viene proposto un incontro con Massimo Campanini, orientalista e studioso delle culture islamiche. Campanini presenterà il libro “Oltre la democrazia. Temi e problemi del pensiero islamico”. (Ingresso libero). Certamente però l’incontro e questa intervista, non possono prescindere dai temi legati alla tragica attualità degli attentati terroristici parigini.

Il titolo del libro è già stato ampiamente frainteso. Ad esempio, Giuseppe Sarcina, sul Corriere della Sera, ha mal interpretato gli intenti del mio studio e parla dell’evoluzione politica islamica come di «salto all’indietro, nell’Alto Medioevo… di un avvitamento culturale». Tendo invece a dimostrare che, oggi, il mondo islamico, dopo aver vissuto momenti complessi durante le rivolte e le rivoluzioni della cosiddetta Primavera araba, sta cercando strade autoctone per il processo di democratizzazione. Percorsi che, pur arrivando ad un allargamento della partecipazione attiva e alla ricerca di un consenso, sia tesa anche a preservare la struttura del potere riconosciuta dall’Islam.

Mi pare ormai assodato, anche perché, se pensiamo al percorso che in Occidente abbiamo compiuto per arrivare agli attuali regimi democratici, penso a una vicenda lunghissima e dolorosa e per di più difficilmente applicabile a contesti lontani come quelli di cui parliamo.

L’involuzione antidemocratica di alcuni paesi arabi islamici non è dovuta, come diffusamente si crede, a motivazioni religiose, ma a cause politiche ed economiche. In questo fenomeno, l’Occidente ha, per altro, pesantissime responsabilità e che oggi i governi dei Paesi Occidentali si atteggino a “verginelle” è inverosimile.

Si risale direttamente al colonialismo, che ancora oggi fa sentire i suoi effetti. E poi non parliamo delle guerre di Bush, dell’azione di alcuni agenti ambigui come l’Arabia Saudita, con la quale, nonostante le sue politiche di finanziamento al terrorismo verso l’esterno, continuiamo a fare affari. E poi non dimentichiamo la mancata risoluzione del conflitto Arabo – Israeliano e una politica, valida fino a pochi anni fa, di mantenimento al potere dei dittatori come Gheddafi e Mubarak. Ci ha fatto comodo mantenere intere popolazioni schiave di regimi non liberali e alla caduta di questi, come avvenuto in Egitto, il fondamentalismo ha riempito il vuoto, trovando nuovo slancio e vigore.

La forma di governo che verrà scelta è totalmente irrilevante purché vengano rispettati alcuni principi come l’applicazione della “legge di Dio” (la cosiddetta Sharia ndr) oltre all’applicazione del principio di consultazione della rappresentanza in base al principio del consenso.

La violenza è sempre una strada sbagliata, inaccettabile. Tuttavia sono del parere che non si possa spacciare un insulto per la libertà di pensiero. Insultare Maometto non è espressione di libertà e condivido pienamente la scelta di molti giornali anglosassoni di non pubblicare quelle vignette. Posizioni come queste alimentano negli islamici la sensazione di una continua aggressione da parte dell’Occidente. Del resto, vorrei proprio vedere cosa accadrebbe se un arabo (che non lo farà mai) scrivesse un libro o disegnasse una vignetta in cui Gesù fosse rappresentato come un sessuomane. Penso che le reazioni sarebbero molto forti. Al di là dei pretesti dei fanatici e degli assassini, credo che insultare Maometto sia una forma di miopia e scarsa lungimiranza politica.

Purtroppo, per come stanno le cose, non vedo una concreta possibilità di dialogo. Ideologie opposte si fronteggiano e ciò è pernicioso e pericoloso. È difficile trovare occasioni di ascolto sincero. Anche in una realtà che ben conosco, come quella milanese, non c’è da parte dell’Amministrazione, la seria volontà di stabilire punti di contatto e di integrazione. Non vedo mediatori degni di questo nome all’orizzonte.