La nipote di Charlot al Baff “Lui incredibile. E così mia madre”

BUSTO ARSIZIO Ha ventitré anni, un cognome immenso e le idee chiare: Oona Chaplin (Oona come la nonna, e come la regina delle fate secondo la mitologia irlandese, Chaplin come Chaplin), nel cinema, vuole essere una “one woman’s army”, un esercito composto da una sola donna. «Per anni il cinema è stato un mondo maschile – dice – ora invece si stanno facendo avanti tante registe bravissime come Kathryn Bigelow, Jane Campion, Sofia Coppola. Finalmente è

il momento delle donne». In attesa di girare un film suo, e mentre continua a studiare, Oona Chaplin si diletta ballando la salsa, uscendo a Londra con i suoi amici e recitando: cinema, teatro, televisione, “poco importa il medium (Dio la benedica: lo dice giusto, in latino e non in latinorum, ndr), basta che il progetto sia di qualità”. All’attivo ha una piccola parte nel gigantesco “Quantum of solace” di cui ricorda “l’incredibile efficienza, cosa strana in una grande produzione, e il senso di famiglia che c’era sul set”, ha preso parte a diverse serie televisive americane, “che – spiega – sono sempre più interessanti, perché si avvalgono di ottimi autori, che scrivono ruoli fantastici”. Va pazza per il cinema di fantascienza ed è innamorata del cinema europeo. Ma poi corregge il tiro con una risata: «Non che io disdegni Hollywood, però». L’italiano lo parla, mescolato allo spagnolo del padre cileno Patricio Castilla, perché ha girato un corto a Torino con il regista Matteo Bernardini: “Bravissimo, ricordatevi questo nome”. Al B.A. Film Festival è arrivata per presentare il film, ancora in lavorazione, “Sicilian Defence”: “Un intrigo internazionale, un film quasi epico: di più non posso dire, ma il copione è bellissimo”. Nel cast figura anche l’augusta madre Geraldine: «Bellissima, bravissima, fantastica». E nel totemico nonno Charlie, la giovane Oona vede “un esempio dell’enormità di quello che un uomo può fare”. Per lei, spiega, chiamarsi Chaplin non ha nulla di eccezionale. E’ il suo cognome, punto. Ma poi basta mettere il naso fuori di casa per accorgersi di cosa significhi portarsi dietro un’eredità del genere: «L’altra sera sono andata a ballare la salsa, e poi a mangiare qualcosa da Mc Donald – racconta Oona – e lì c’era un ragazzo vestito come Charlot: è incredibile, ho pensato, come un solo uomo sia riuscito a trasformarsi in un’icona e continui a ispirarne ancora oggi».
Laura Campiglio

m.lualdi

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