Airport, primi sì. E ora si punta al Cda

Dopo le assunzioni, le conciliazioni. Si entra nel vivo del nuovo rapporto di lavoro per i dipendenti di Airport Handling che devono decidere se accettare le condizioni messe nero su bianco dagli accordi tra organizzazioni sindacali e azienda o riservarsi di aprire un contenzioso con Sea.

«Tra i primi 100, nessuno ha rifiutato la conciliazione», rende noto Andrea Orlando, segretario regionale della Flai Trasporti e Servizi.

Convincono le due mensilità e mezza di stipendio da portare a casa subito a fronte di un integrativo che non ci sarà più. O forse non paga l’idea di addentrarsi per vie legali senza la certezza di uscirne vincitori. Fatto sta che i primi lavoratori chiamati in sede sindacale per la conciliazione hanno detto sì.

Mille e settecento in tutto

«Non comprendo come il fronte del no al referendum che ha bocciato le linee dell’accordo, certo di passare per il giudizio di un tribunale facendo appello all’articolo 2112 sulla cessione di ramo d’azienda, si stia posizionando sulle nostre posizioni. Cub e AdL stanno assistendo i loro iscritti alla firma» rimarca il segretario della Flai.

Sono, comunque, 1.700 i dipendenti a tempo indeterminato della newco che dovranno sottoscrivere la conciliazione.

Il percorso è appena iniziato ma per il sindacato è già il momento di guardare avanti, di investire sul futuro e avanzare una proposta che farà discutere: «Nominare nel consiglio di amministrazione di Airport Handling un rappresentante designato dai lavoratori», indica Andrea Orlando. Demagogia? «Piuttosto partecipazione, direi», avanza il sindacalista che parla di lavoratori messi al centro dei processi «come ci dice di fare l’Unione europea».

Non solo dipendenti che lavorano, ma dipendenti «che contano, che vigilino sulle dinamiche aziendali e sulla prospettive future, inclusivi del processo produttivo, alla tedesca». Non vuole essere un’utopia quella di Orlando ma una proposta da condividere con le altre organizzazioni sindacali e la stessa azienda.

Resta in sospeso anche il socio privato che, nell’arco di dodici mesi, la Commissione europea vuole entri nella nuova società ancora a maggioranza pubblica. «Dovrà essere un socio di minoranza tra il 20 e il 30% di quote» ammonisce la Flai Ts.

Il socio? «Un valore aggiunto»

«E dovrà costituire un valore aggiunto per il miglioramento delle performance della società, non un socio che voglia fare cassa e basta». Poter fare impresa da parte del pubblico resta, insomma, il dictat dei rappresentanti dei lavoratori decisi a fare di Airport Handling una realtà saldamente costituita, da prendere pure come esempio.

Il neo direttore generale della newco David Crognaletti ha indicato la necessità di creare un network di aeroporti su cui lavorare quale sfida per il futuro. «Ben venga l’aprirsi su altri scali ma senza perdere di vista il controllo della società», dice Orlando. «Airport Handling non deve essere venduta a privati».

Nel frattempo, avanti con i punti dell’accordo: «Una cassa assistenza per i dipendenti, la definizione di turni lavoro con “tabelle vestite” ossia turni chiari a tre settimane e un’organizzazione del lavoro a partire dal check-in con la gratificazione delle figure professionali», puntualizza la Flai.

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