Campanili ma poca “forza” La burocrazia è una giungla

In un terzo dei Comuni della provincia di Varese risiede quasi l’80% della popolazione: possiamo ancora permetterci tutta questa frammentazione amministrativa? Sotto gli innumerevoli campanili, 139 diverse aliquote fiscali e normative urbanistiche.

Il dato è stato estrapolato dall’ufficio studi della Camera di Commercio di Varese sulla base delle prime risultanze fornite dall’Istat sul censimento generale del 2011. Nei 141 Comuni, che oggi sono diventati 139 in seguito alla fusione di Maccagno con Pino e Veddasca, le differenze sono notevoli.

Le cinque città più grandi – in ordine di popolazione, Busto Arsizio, Varese, Gallarate, Saronno e Cassano Magnago – assommano quasi 270mila abitanti, vale a dire più del 30% degli 876mila residenti in provincia di Varese. I successivi 44 Comuni, che hanno una popolazione compresa tra i cinquemila e i ventimila abitanti, raggruppano il 46,5% dei residenti in provincia.

Infine nei 92 Comuni con meno di cinquemila abitanti, 92 in tutto, praticamente i due terzi degli enti che compongono la geografia amministrativa della provincia di Varese, vive solo il 22,7% della popolazione. Un dato che fotografa un’estrema frammentazione del territorio, dal punto di vista amministrativo.

Anche se apparentemente cozza contro un’altra statistica, quella sulla densità di popolazione: il Varesotto, con 732 abitanti per chilometro quadrato, si mantiene molto lontano dai picchi di Monza e Milano (che viaggiano rispettivamente poco sopra e poco sotto i duemila abitanti per chilometro quadrato), ma è di gran lunga al di sopra della media lombarda (418) e di quella nazionale (198). Segno dunque che la distribuzione della popolazione è ancor più sperequata tra quel terzo di Comuni più “abitati” e quei due terzi con meno residenti.

Tra i ben tremila e 518 abitanti per chilometro quadrato di Saronno e i soli 14 di Veddasca c’è un vero e proprio abisso, senza contare le differenze di tipo sociale (basti pensare al 13,8% di immigrati di Gallarate contro il 7,8% di Busto Arsizio).

Ma possiamo ancora permetterci 139 diverse strutture amministrative? Perché 139 Comuni significa anche 139 diverse aliquote Imu sui capannoni e sui negozi, altrettante tariffe dei rifiuti e dell’acqua (almeno fino a quando non entrerà in vigore la tariffa unica provinciale), per non parlare dei piani di governo del territorio e delle prassi interpretative sulle procedure autorizzative.

Una iper-frammentazione che in certi casi rischia di diventare «una giungla», come ci raccontavano gli imprenditori ai tempi delle discussioni sulla questione Tares/Tarsu, e può generare una concorrenza imperfetta sul territorio: a volte può capitare che da un lato all’altro della stessa arteria stradale, due imprese che effettuano lo stesso tipo di attività possano ritrovarsi con un peso fiscale locale completamente diverso l’una dall’altra, per effetto delle scelte fatte dai singoli amministratori.n A. Ali.

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