«Conoscere il passato per anticipare il futuro»

L’intervista - Alec Ross, guru dell’innovazione e consigliere di Hillary Clinton, e la società dei prossimi vent’anni

«Il mio sogno, sin da bambino, è stato quello di anticipare il futuro, saperlo “leggere” prima. Per farlo, però, è fondamentale conoscere da dove veniamo, il nostro passato. Questo è stato il motivo che mi ha spinto a venire in Italia per studiare storia medievale all’Università di Bologna. Da allora l’attaccamento e la simpatia per il vostro Paese, non mi hanno più lasciato». A parlare è il guru americano , nato a Charleston, in Virginia, nel 1971.

È considerato uno dei massimi esperti mondiali nel campo dell’innovazione. Dal 2008 al 2012 ha ricoperto il ruolo di senior advisor dell’innovazione per il segretario di stato Hillary Clinton, con lo scopo di applicare la tecnologia nei processi diplomatici. In particolare, si è occupato di massimizzare il potenziale tecnologico e innovativo in funzione degli obiettivi, assistendo il segretario di stato nella quotidiana gestione degli affari di governo. Lo abbiamo incontrato in occasione del Forum di Cernobbio, organizzato da The European House-Ambrosetti.

Per il presidente Obama sono stato responsabile del comitato che gestiva le politiche tecnologiche dei media e delle telecomunicazioni. Quelle elezioni sono passate alla storia per l’uso determinante e centrale dei social network. Cosa che secondo me non succederà in queste: la personalità così estrema di Donald Trump e le sue idee politiche renderanno questa corsa alla Casa Bianca molto meno tecnologica. Dubito, infatti, che gli strumenti usati in passato possano fare nuovamente la differenza.

In questo, come in altri casi, la risposta va ricercata a partire dal passato. Analizzando, infatti, le differenti tappe dello sviluppo economico possiamo affermare che inizialmente, quando ad essere predominante era il settore agricolo, il potere economico e politico era nelle mani di coloro che possedevano campi e terreni adatti alla coltivazione. Successivamente, con la rivoluzione industriale, questo è passato a chi possedeva fabbriche e stabilimenti. Oggi ci troviamo nell’era dei dati: chi sarà in grado di conoscerli, analizzarli e gestirli si troverà in una posizione di predominanza.

La quantità di dati prodotti nel mondo a partire dalle pitture rupestri fino al 2003 è pari alla mole totale di dati che oggi viene prodotta in soli due giorni. Basti pensare a quanti device, siano essi smartphone, tablet, pc o altri dispositivi, sono quotidianamente connessi in rete: 16 miliardi. E ciò che dovrebbe far riflettere è che sono in costante crescita: tra quattro anni esatti vi posso assicurare che sfioreranno i 40 miliardi. Gli effetti di questa crescita saranno ancora più evidenti nei Paesi che oggi in questo ambito ancora “inseguono”, come per esempio l’Italia.

Vi faccio un esempio: una statistica ha recentemente colpito la mia attenzione: le industrie casearie della Nuova Zelanda in uno solo anno hanno aumentato il loro export verso la Cina del 50%. Mi sono chiesto: come è stato possibile? I neozelandesi sono persone semplici, ma in questo caso hanno saputo trarre vantaggio dalle opportunità della tecnologia. Grazie a un accordo tra allevatori, produttori di software e università è stata sviluppata un’app che permette ogni giorno di avere sul proprio ipad, attraverso misurazioni laser e gps, i dati esatti su ogni singolo punto dei terreni destinati a questo tipo di attività, permettendo così di capire quanta acqua o quanto fertilizzante usare in ogni più piccolo spazio. In questo modo il proprietario di una fattoria di centomila ettari ha visto abbassarsi in un solo anno del 40% il costo di produzione, con un contestuale aumento della produttività in una percentuale di pari valore. Tale incremento di produttività è stato per lo più destinato al mercato cinese. Faccio questo esempio per far capire come, in qualsiasi settore si operi, la sinergia tra la competenza del lavoratore, l’analisi dei dati e l’utilizzo di software possano portare al raggiungimento di risultati e migliorie a volte addirittura epocali.

Non solo diventerà realtà, ma sarà una realtà quotidiana degli anni fra il 2020 e il 2030. Lo dico con certezza perché sono stati superati gli ultimi due ostacoli per una capillare diffusione della robotica. Il primo è legato alla possibilità, per i robot, di afferrare gli oggetti, oggi finalmente possibile grazie a una mappatura dello spazio passata dalla bidimensionalità alla tridimensionalità. L’altra grande conquista è legata alla potenza del cloud: grazie alla continua connessione di dati e informazioni, ogni input dato a un robot può essere rielaborato “on time” sotto forma di dati e informazioni che vengono immediatamente tradotti in algoritmi matematici e resi alla macchina. I robot diventano così in grado di interagire dando risposte immediate e compiendo azioni più o meno complesse.

Il progresso non deve spaventare. Bisognerà sfruttare ogni conquista al meglio e destinare l’intelligenza umana, che nessuna macchina sarà mai in grado di emulare, in altri ambiti. Il mondo è spesso diviso in utopisti e persone che vedono tutto nero. Io dico che la soluzione sta nel mezzo: sarà importante saper utilizzare dati e informazioni nel miglior modo possibile.

Non c’è il rischio che tutte queste conquiste tecnologiche, visto il loro prezzo, restino semplicemente appannaggio di chi ha il potere economico per acquistarle?

Per rispondere a questa domanda entro nel terzo tema trattato nel mio libro. Il tema della genomica. Oggi, per la prima volta nella storia, scienza, economia e potenza di calcolo riescono a lavorare insieme. Questo permette di estrapolare informazioni fondamentali per l’essere umano e per le sue aspettative di vita. Le faccio un altro esempio. La biopsia liquida è una terapia, ancora poco conosciuta, che permette attraverso un semplice esame del sangue di individuare la presenza, anche latente, di tumori che potranno svilupparsi anche dopo molti anni. Diciamo individua il male nella cosiddetta fase 1, invece che in fase 2 o addirittura in fase 3 come più spesso oggi capita. Per rispondere alla sua domanda, il prezzo di questo trattamento due anni fa si aggirava intorno ai 14mila dollari. Oggi il suo costo è di 4mila. Tra due anni sarà di 400. Sarà sempre più alla portata di tutti. Provi a immaginarne le conseguenze.

Il dualismo politico dei giorni nostri non è più scandito da questa netta divisione. La vera contrapposizione, oggi, è tra realtà chiuse e realtà aperte. Basta osservare i fenomeni di politica internazionale per comprenderlo: la Brexit, le tensioni sui profughi e sui migranti, le differenze tra chi vuole costruire muri per dividere e tra chi ponti per unire. Tutto insegna che non che non esiste una società completamente aperta e una completamente chiusa, tranne forse la Corea del Nord, ma ci dimostra come quelle che sono più aperte, sono quelle che guideranno il futuro e l’innovazione.

Intendo una società che abbia mobilità economica e sociale verso l’alto, che abbia rispetto dei diritti delle minoranze e del ruolo delle donne. Quest’ultimo punto è centrale. Ribadisco: solo gli stati che sapranno migliorare sistematicamente questi aspetti, potranno aspirare ad essere le nazioni leader del futuro.

Senza dubbio coloro che saranno in grado di combinare scienza, tecnologia, intelligenza emotiva, comunicazione ed economia. Non si deve fare l’errore di pensare che ciascuna di queste competenze, da sola, faccia la differenza. E quello che suggerisco a chiunque abbia un figlio, è di fargli studiare sia le materie più tecniche ed economiche, sia quelle umanistiche. L’esempio ce lo abbiamo davanti tutti i giorni: molti pensano che Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook, abbia raggiunto il successo semplicemente grazie alle sue competenze informatiche. Questo è vero, ma solo in minima parte. Insieme ad essere un grande informatico, Zuckerberg è anche un esperto di psicologia comportamentale: ed ecco che, combinando questi due aspetti, ha rivoluzionato il modo che le persone hanno di socializzare, e creato un nuovo business. Solo con la combinazione di scienza, tecnica e cultura umanistica possono nascere le grandi idee e le grandi aziende del futuro.