«Da Varese parta il nostro grido di battaglia. L’Italia crede all’industria, oppure la ostacola?»

Massimiliano Salini, parlamentare europeo, è venuto a trovarci in redazione per una chiacchierata. L’intervista del direttore Francesco Caielli

Si può parlare di economia in modo chiaro, in modo da farsi capire da tutti. Si può parlare di economia infervorandosi, difendendo le proprie idee, appassionandosi. Dopo la chiacchierata con Massimiliano Salini – ex presidente della provincia di Cremona, oggi europarlamentare – resta dentro la sensazione di un uomo appassionato in tutto ciò che dice e in tutto ciò che fa. Venerdì sera alle “Robinie” si è tenuto un incontro: imprenditori e teste, a parlare di impresa. «Perché – dice Salini – questo è il nuovo tema politico. Qui c’è il futuro».


Entrambe le cose. Quelli dell’industria e dell’imprenditoria sono due temi centrali e decisivi. Ma è anche giusto dire che la Lombardia è il motore del paese: qui c’è l’eccellenza, qui c’è la qualità. Se tutta l’Italia avesse gli stessi numeri della Lombardia, oggi la Germania ci guarderebbe con il binocolo.


Perché credo che questa sia una partita da giocare, da provare a vincere. Ci siamo trovati tutti insieme, abbiamo incontrato imprenditori e ascoltato le loro storie. Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo contati. Ma forse la risposta alla sua domanda è un’altra.


Queste serate vanno fatte e queste partite vanno giocate, perché non interessano più a nessuno. E invece dovrebbero interessare, eccome. Perché noi siamo il vero motore dell’economia del Mediterraneo, perché la nostra manifattura e il nostro settore energetico sono perni sui quali ruota l’economia europea, perché siamo un punto di riferimento e perché i nostri porti sono l’accesso all’Europa. Eppure…


Eppure, e non chiedetemi perché, in Italia si guarda a chi fa impresa come a un soggetto pericoloso. Con sospetto.

E allora, proviamoci. Facciamo partire da Varese un nuovo grido di battaglia.


L’Italia pensa che chi fa impresa sia un eroe o un intruso? E questo grido di battaglia, sia chiaro, non può che partire da qui. Perché i lombardi sono gli unici che possono permettersi di farlo. L’Italia vuole iniziare a guardare questo territorio o no? E noi, siamo disposti a farci guardare o no? E io a Varese voglio lanciare una provocazione: c’è il desiderio e la volontà di accettare questa sfida, o si vuole continuare a parlare solo di Pedemontana e di Malpensa?


Nei confronti dell’Unione Europea posso mantenere un atteggiamento critico, ma non posso non dire che restare in Europa è la scelta più intelligente che si possa fare. E critico, critico fortemente chi sfrutta l’antieuropeismo come arma politica per prendere voti. Perché i danni di un’inopinata uscita dall’Europa, alla fine, non li pagherebbero i politici. Li pagherebbero i cittadini.


Le misure antidumping contro l’acciaio cinese o iraniano, per esempio: cose reali, di cui si parla . E cose che si decidono al tavolo della Commissione Europea. Ecco, su quel tavolo, per decidere e per difenderci, bisogna esserci.


Tre, e tutte importanti. Quella dell’energia, perché nasca una rete energetica comune. Quella della digitalizzazione, perché serve con urgenza una ristrutturazione delle infrastrutture che ci proietti verso un’Europa 4.0. E quella della difesa, nella quale il Varesotto potrà avere un ruolo centrale, nel complicato cammino che ci dovrà portare a un esercito comune.

Prima avevamo due potenze nucleari, la Francia e la Gran Bretagna. Ora è rimasta solo la Francia, e il cammino è ancora più ostico perché non è semplice convincere una potenza a condividere le sue forze con tutti gli altri.

Sì, se giocate tutti insieme e non solo a livello locale.

Mettiamoci in testa che senza Malpensa non esiste il trasporto aereo italiano. Però bisogna crederci, crederci davvero. E continuare su quell’idea mai troppo portata avanti che voleva Linate come la porta sull’Europa e Malpensa come la porta sul mondo. Crederci, puntando sull’intercontinentale, ma con intelligenza.