Fusioni in vista tra le banche?

Questa settimana torniamo a parlare di banche. E come di consueto lo spunto lo offre la riunione della Bce di questa settimana. Il Governatore annuncia, infatti, che «non sono escluse fusioni o chiusure di banche». Ed è proprio questo scenario che dobbiamo prepararci ad affrontare a partire dall’autunno. Diversi gli elementi che lo confermano, alcuni di carattere pratico, altri di tipo teorico.

La politica economica ha tra i suoi pilastri concettuali il cosiddetto “effetto annuncio”. La Treccani lo descrive così: «Variazione del comportamento degli operatori economici per effetto dell’annuncio di provvedimenti di politica economica da parte delle autorità di governo dell’economia. In conseguenza dell’effetto di annuncio, gli agenti economici mutano le proprie decisioni prima, e in una certa misura, indipendentemente dalla concreta attuazione delle misure annunciate, in quanto, in base al principio di razionalità, i loro comportamenti sono condizionati non dall’annuncio in sé,

ma dalle aspettative rispetto agli effetti futuri dei provvedimenti annunciati. Le reazioni degli operatori possono risultare di per sé sufficienti a produrre i risultati attesi dall’adozione delle misure annunciate, ancor prima della loro effettiva attuazione». L’effetto annuncio è alla base di qualsiasi nota rilasciata da qualsiasi Governatore di qualsiasi Banca Centrale. Serve di fatto a preparare il mercato agli effetti delle misure che verranno via via intraprese.

Le ragioni di carattere pratico sono invece riconducibili agli stress test attualmente in corso e di cui abbiamo già avuto modo di parlare. Il loro esito stabilirà, di fatto, quali saranno i malati da curare. Cioè quelle banche che risulteranno sottopatrimonializzate rispetto ai rischi insiti nei loro impieghi di denaro. La cura? Le banche più sane incorporeranno le banche in difficoltà.

Il risultato? Tutto da vedere. Se da un lato questa nuova maxi ondata di fusioni bancarie porterà ad un’azione di rafforzamento del sistema, dall’altro, proprio questo rafforzamento spingerà il sistema verso istituti sempre più grandi, rendendoli “to big to fail”, ovvero troppo grandi per fallire.

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