Il lavoro in provincia è da “fanalino di coda”

Lavoro, a Varese è sempre più emergenza. Lo confermano anche i dati dell’Inps del 2013. In provincia di Varese crolla persino l’utilizzo dei buoni lavoro: meno 20% in un anno. E in fatto di diminuzione del tasso di occupazione siamo tra i fanalini di coda in Lombardia.

Il rapporto annuale dell’Inps della Lombardia per il 2013 conferma le preoccupazioni sull’emergenza occupazionale che sta vivendo il nostro territorio, anche più di altre realtà della nostra Regione. Certo, sono freddi numeri. Ma fotografano quello che è il sentore nelle nostre città: il lavoro non c’è.

O perlomeno non torna. Prendiamo il dato sul tasso di occupazione: nel 2013 in provincia di Varese, pur rimanendo sostanzialmente stabile il tasso di disoccupazione, è in calo dell’1,68%, e torna a scendere sotto il 64%.

Lo scorso anno solo Como e Cremona hanno fatto peggio di noi, mentre la maggiorparte delle province lombarde registra un “segno più”. Se guardiamo il tasso di attività invece siamo ultimi: a Varese la percentuale di persone in età lavorativa scende più che in tutte le altre province.

Ma il dato più emblematico, che fa riflettere su una situazione occupazionale sempre più precaria, è quello dei buoni lavoro venduti dall’Inps nel corso del 2013. Sono i voucher da 10 euro lordi all’ora che consentono di pagare prestazioni lavorative occasionali.

Lo scorso anno in provincia di Varese ne sono stati erogati 48mila e 522, contro i 60mila e 716 del 2012. Più del 20% in meno, un dato che appare “sballato” rispetto al meno 3,84% fatto registrare in tutta la Lombardia.

Va detto che la maggiorparte delle province registra un pesante “segno meno”, mentre sono in particolare Milano e Monza Brianza a mostrare una forte crescita di questo strumento, rispettivamente il 25% (da 171mila buoni venduti a più di 214mila in soli dodici mesi nella provincia metropolitana) e il 15%.

«Il dato può essere preoccupante, perché legato al momento economico, visto che questo tipo di voucher viene utilizzato soprattutto dai pubblici esercizi, come bar, ristoranti e pizzerie, per le prestazioni dei fine settimana» le considerazioni di Ferdinando Butto, presidente provinciale di Ancl, l’associazione dei consulenti del lavoro.

D’altra parte però, non va nascosto il fatto che la complessità nell’utilizzo di questi buoni può disincentivarne l’acquisto e frenarne l’utilizzo.

Come a dire, questo strumento non fa il proprio dovere, e non aiuta ad invertire il trend della crisi: «La gestione, che l’Inps inizialmente ha “venduto” come semplice, in realtà è complessa – spiega Butto – prima di acquistare questi buoni dal tabaccaio, un’azienda deve presentare una modulistica ad hoc, registrarsi sul portale Inps indicando i lavoratori che dovrà utilizzare. È tutta burocrazia che non aiuta. Oltretutto, in questo periodo di difficoltà, il limite di reddito per i lavoratori dovrebbe essere aumentato per favorire un maggior ricorso a questo strumento».

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