Il Tessile continua a resistere. Ma la battaglia con l’estero è dura

Il settore in lenta ripresa nel Varesotto. Le imprese attive sono 1.650, 14mila gli addetti

Prosegue lenta la ripresa del settore tessile e abbigliamento varesino, anche se sul fronte estero le notizie non sono delle migliori: «Note positive arrivano dall’ultima analisi congiunturale del nostro Ufficio Studi», ha spiegato Piero Sandroni presidente del gruppo tessile e abbigliamento dell’Unione Industriali varesino durante l’Assemblea Annuale del Gruppo, un momento, come sempre, per fare il punto della situazione di una filiera produttiva che, nonostante la crisi degli ultimi anni, è rimasta intatta nella sua multi-specializzazione e che conta ancora 1.650 imprese attive, per un totale di circa 14mila addetti sul territorio.

«Alla fine del 2016 – ha continuato Sandroni – abbiamo registrato un segno positivo in controtendenza rispetto al resto dell’industria del territorio».

Tuttavia non è certo tornato a splende il sole nel settore e a mantenere i piedi per terra ci pensa il confronto con i dati nazionali relativi al commercio estero.

Nonostante, infatti, il settore continui nel Varesotto a destinare ai mercati esteri il doppio di quanto l’intero territorio importi da oltre confine, le percentuali provinciali di import ed export risultano in calo, specialmente se paragonate alla media italiana. Le esportazioni del 2016, pari ad un valore superiore a 906 milioni di euro e al 10% del totale dell’export della Provincia di Varese, hanno infatti registrato un -3,3% rispetto al 2015, contro un +1,2% nazionale. Mentre le importazioni varesine, 545 milioni di euro, hanno avuto una flessione del 3,7%, a fronte di un più stabile +0,3% nazionale.

«Le prospettive per il biennio 2017-18 – ha precisato Piero Sandroni – sono di una moderata ripresa degli acquisti da parte del mercato interno e di un rilancio della crescita delle vendite estere basata sul rafforzamento della richiesta mondiale dei prodotti della moda made in Italy, su cui incide positivamente soprattutto l’incremento della domanda del mercato cinese e l’aumentata capacità del potere di acquisto delle popolazioni dei paesi emergenti».

Il mercato è sempre più competitivo e «le imprese del settore sono costantemente schiacciate, da una parte, dalla necessità di produrre manufatti di alta qualità e, dall’altra, dai volumi di produzione richiesti dal mercato che rimangono insufficienti per garantire i giusti ritorni economici». Ritorni, tra l’altro, «necessari a permettere quegli investimenti indispensabili per mantenere competitive le aziende, per evolvere verso l’industria 4.0 e per adattarsi ad un mercato di distribuzione dei prodotti sempre più digitale» ha sottolineato Sandroni.

La ripresa non è dunque dietro l’angolo, ne mancano le pre-condizioni, così descritte dallo stesso Sandroni: «Affinché nel nostro settore possano presentarsi sintomi di ripresa e sviluppo abbiamo bisogno di una tregua nelle molte situazioni di disordine, contrasto, conflitto e che la gente comune sia posta in condizioni di vivere con meno ansie, più sicurezza e più serenità. Abbiamo bisogno che nuovi mercati aprano le loro porte ai nostri prodotti belli e di alta qualità e che altri mercati, per noi importanti e molto promettenti, possano essere riaperti in tempi brevi».